Messaggio del Santo Padre Francesco per la 58ma Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2025) (2025)

[B0992]

Messaggio del Santo Padre

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Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 58ma Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2025 sul tema “Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace”:

Messaggio del Santo Padre

Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace

I. In ascolto del grido dell’umanità minacciata

1. All’alba di questo nuovo anno donatoci dal Padre celeste, tempo Giubilare dedicato alla speranza, rivolgo il mio più sincero augurio di pace ad ogni donna e uomo, in particolare a chi si sente prostrato dalla propria condizione esistenziale, condannato dai propri errori, schiacciato dal giudizio altrui e non riesce a scorgere più alcuna prospettiva per la propria vita. A tutti voi speranza e pace, perché questo è un Anno di Grazia, che proviene dal Cuore del Redentore!

2. Nel 2025 la Chiesa Cattolica celebra il Giubileo, evento che riempie i cuori di speranza. Il “giubileo” risale a un’antica tradizione giudaica, quando il suono di un corno di ariete (in ebraico yobel) ogni quarantanove anni ne annunciava uno di clemenza e liberazione per tutto il popolo (cfr Lv 25,10). Questo solenne appello doveva idealmente riecheggiare per tutto il mondo (cfr Lv 25,9), per ristabilire la giustizia di Dio in diversi ambiti della vita: nell’uso della terra, nel possesso dei beni, nella relazione con il prossimo, soprattutto nei confronti dei più poveri e di chi era caduto in disgrazia. Il suono del corno ricordava a tutto il popolo, a chi era ricco e a chi si era impoverito, che nessuna persona viene al mondo per essere oppressa: siamo fratelli e sorelle, figli dello stesso Padre, nati per essere liberi secondo la volontà del Signore (cfr Lv 25,17.25.43.46.55).

3. Anche oggi, il Giubileo è un evento che ci spinge a ricercare la giustizia liberante di Dio su tutta la terra. Al posto del corno, all’inizio di quest’Anno di Grazia, noi vorremmo metterci in ascolto del «grido disperato di aiuto» [1] che, come la voce del sangue di Abele il giusto, si leva da più parti della terra (cfr Gen 4,10) e che Dio non smette mai di ascoltare. A nostra volta ci sentiamo chiamati a farci voce di tante situazioni di sfruttamento della terra e di oppressione del prossimo[2]. Tali ingiustizie assumono a volte l’aspetto di quelle che S. Giovanni Paolo II definì «strutture di peccato»[3], poiché non sono dovute soltanto all’iniquità di alcuni, ma si sono per così dire consolidate e si reggono su una complicità estesa.

4. Ciascuno di noi deve sentirsi in qualche modo responsabile della devastazione a cui è sottoposta la nostra casa comune, a partire da quelle azioni che, anche solo indirettamente, alimentano i conflitti che stanno flagellando l’umanità. Si fomentano e si intrecciano, così, sfide sistemiche, distinte ma interconnesse, che affliggono il nostro pianeta[4]. Mi riferisco, in particolare, alle disparità di ogni sorta, al trattamento disumano riservato alle persone migranti, al degrado ambientale, alla confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, al rigetto di ogni tipo di dialogo, ai cospicui finanziamenti dell’industria militare. Sono tutti fattori di una concreta minaccia per l’esistenza dell’intera umanità. All’inizio di quest’anno, pertanto, vogliamo metterci in ascolto di questo grido dell’umanità per sentirci chiamati, tutti, insieme e personalmente, a rompere le catene dell’ingiustizia per proclamare la giustizia di Dio. Non potrà bastare qualche episodico atto di filantropia. Occorrono, invece, cambiamenti culturali e strutturali, perché avvenga anche un cambiamento duraturo[5].

II. Un cambiamento culturale: siamo tutti debitori

5. L’evento giubilare ci invita a intraprendere diversi cambiamenti, per affrontare l’attuale condizione di ingiustizia e diseguaglianza, ricordandoci che i beni della terra sono destinati non solo ad alcuni privilegiati, ma a tutti [6]. Può essere utile ricordare quanto scriveva S. Basilio di Cesarea: «Ma quali cose, dimmi, sono tue? Da dove le hai prese per inserirle nella tua vita? […] Non sei uscito totalmente nudo dal ventre di tua madre? Non ritornerai, di nuovo, nudo nella terra? Da dove ti proviene quello che hai adesso? Se tu dicessi che ti deriva dal caso, negheresti Dio, non

riconoscendo il Creatore e non saresti riconoscente al Donatore»[7].

Quando la gratitudine viene meno, l’uomo non riconosce più i doni di Dio. Nella sua misericordia infinita, però, il Signore non abbandona gli uomini che peccano contro di Lui: conferma piuttosto il dono della vita con il perdono della salvezza, offerto a tutti mediante Gesù Cristo. Perciò, insegnandoci il “Padre nostro”, Gesù ci invita a chiedere: «Rimetti a noi i nostri debiti» (Mt 6,12).

6. Quando una persona ignora il proprio legame con il Padre, incomincia a covare il pensiero che le relazioni con gli altri possano essere governate da una logica di sfruttamento, dove il più forte pretende di avere il diritto di prevaricare sul più debole[8]. Come le élites ai tempi di Gesù, che approfittavano delle sofferenze dei più poveri, così oggi nel villaggio globale interconnesso [9], il sistema internazionale, se non è alimentato da logiche di solidarietà e di interdipendenza, genera ingiustizie, esacerbate dalla corruzione, che intrappolano i Paesi poveri. La logica dello sfruttamento del debitore descrive sinteticamente anche l’attuale “crisi del debito”, che affligge diversi Paesi, soprattutto del Sud del mondo.

7. Non mi stanco di ripetere che il debito estero è diventato uno strumento di controllo, attraverso il quale alcuni governi e istituzioni finanziarie private dei Paesi più ricchi non si fanno scrupolo di sfruttare in modo indiscriminato le risorse umane e naturali dei Paesi più poveri, pur di soddisfare le esigenze dei propri mercati[10]. A ciò si aggiunga che diverse popolazioni, già gravate dal debito internazionale, si trovano costrette a portare anche il peso del debito ecologico dei Paesi più sviluppati[11]. Il debito ecologico e il debito estero sono due facce di una stessa medaglia, di questa logica di sfruttamento, che culmina nella crisi del debito[12]. Prendendo spunto da quest’anno giubilare, invito la comunità internazionale a intraprendere azioni di condono del debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo. È un appello alla solidarietà, ma soprattutto alla giustizia[13].

8. Il cambiamento culturale e strutturale per superare questa crisi avverrà quando ci riconosceremo finalmente tutti figli del Padre e, davanti a Lui, ci confesseremo tutti debitori, ma anche tutti necessari l’uno all’altro, secondo una logica di responsabilità condivisa e diversificata. Potremo scoprire «una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri»[14].

III. Un cammino di speranza: tre azioni possibili

9. Se ci lasciamo toccare il cuore da questi cambiamenti necessari, l’Anno di Grazia del Giubileo potrà riaprire la via della speranza per ciascuno di noi. La speranza nasce dall’esperienza della misericordia di Dio, che è sempre illimitata[15].

Dio, che non deve nulla a nessuno, continua a elargire senza sosta grazia e misericordia a tutti gli uomini. Isacco di Ninive, un Padre della Chiesa orientale del VII secolo, scriveva: «Il tuo amore è più grande dei miei debiti. Poca cosa sono le onde del mare rispetto al numero dei miei peccati, ma se pesiamo i miei peccati, in confronto al tuo amore, svaniscono come un nulla»[16]. Dio non calcola il male commesso dall’uomo, ma è immensamente «ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato» (Ef 2,4). Al tempo stesso, ascolta il grido dei poveri e della terra. Basterebbe fermarsi un attimo, all’inizio di quest’anno, e pensare alla grazia con cui ogni volta perdona i nostri peccati e condona ogni nostro debito, perché il nostro cuore sia inondato dalla speranza e dalla pace.

10. Gesù, per questo, nella preghiera del “Padre nostro”, pone l’affermazione molto esigente «come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori» dopo che abbiamo chiesto al Padre la remissione dei nostri debiti (cfr Mt 6,12). Per rimettere un debito agli altri e dare loro speranza occorre, infatti, che la propria vita sia piena di quella stessa speranza che giunge dalla misericordia di Dio. La speranza è sovrabbondante nella generosità, priva di calcoli, non fa i conti in tasca ai debitori, non si preoccupa del proprio guadagno, ma ha di mira solo uno scopo: rialzare chi è caduto, fasciare i cuori spezzati, liberare da ogni forma di schiavitù.

11. Vorrei, pertanto, all’inizio di quest’Anno di Grazia, suggerire tre azioni che possano ridare dignità alla vita di intere popolazioni e rimetterle in cammino sulla via della speranza, affinché si superi la crisi del debito e tutti possano ritornare a riconoscersi debitori perdonati.

Anzitutto, riprendo l’appello lanciato da S. Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo dell’anno 2000, di pensare a una «consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale, che pesa sul destino di molte Nazioni»[17]. Riconoscendo il debito ecologico, i Paesi più benestanti si sentano chiamati a far di tutto per condonare i debiti di quei Paesi che non sono nella condizione di ripagare quanto devono. Certamente, perché non si tratti di un atto isolato di beneficenza, che rischia poi di innescare nuovamente un circolo vizioso di finanziamento-debito, occorre, nello stesso tempo, lo sviluppo di una nuova architettura finanziaria, che porti alla creazione di una Carta finanziaria globale, fondata sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli.

Inoltre, chiedo un impegno fermo a promuovere il rispetto della dignità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale, perché ogni persona possa amare la propria vita e guardare con speranza al futuro, desiderando lo sviluppo e la felicità per sé e per i propri figli. Senza speranza nella vita, infatti, è difficile che sorga nel cuore dei più giovani il desiderio di generare altre vite. Qui, in particolare, vorrei ancora una volta invitare a un gesto concreto che possa favorire la cultura della vita. Mi riferisco all’eliminazione della pena di morte in tutte le Nazioni. Questo provvedimento, infatti, oltre a compromettere l’inviolabilità della vita, annienta ogni speranza umana di perdono e di rinnovamento[18].

Oso anche rilanciare un altro appello, richiamandomi a S. Paolo VI e a Benedetto XVI [19], per le giovani generazioni, in questo tempo segnato dalle guerre: utilizziamo almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico[20]. Dovremmo cercare di eliminare ogni pretesto che possa spingere i giovani a immaginare il proprio futuro senza speranza, oppure come attesa di vendicare il sangue dei propri cari. Il futuro è un dono per andare oltre gli errori del passato, per costruire nuovi cammini di pace.

IV. La meta della pace

12. Coloro che intraprenderanno, attraverso i gesti suggeriti, il cammino della speranza potranno vedere sempre più vicina la tanto agognata meta della pace. Il Salmista ci conferma in questa promessa: quando «amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno» (Sal 85,11). Quando mi spoglio dell’arma del credito e ridono la via della speranza a una sorella o a un fratello, contribuisco al ristabilimento della giustizia di Dio su questa terra e mi incammino con quella persona verso la meta della pace. Come diceva S. Giovanni XXIII, la vera pace potrà nascere solo da un cuore disarmato dall’ansia e dalla paura della guerra[21].

13. Che il 2025 sia un anno in cui cresca la pace! Quella pace vera e duratura, che non si ferma ai cavilli dei contratti o ai tavoli dei compromessi umani[22]. Cerchiamo la pace vera, che viene donata da Dio a un cuore disarmato: un cuore che non si impunta a calcolare ciò che è mio e ciò che è tuo; un cuore che scioglie l’egoismo nella prontezza ad andare incontro agli altri; un cuore che non esita a riconoscersi debitore nei confronti di Dio e per questo è pronto a rimettere i debiti che opprimono il prossimo; un cuore che supera lo sconforto per il futuro con la speranza che ogni persona è una risorsa per questo mondo.

14. Il disarmo del cuore è un gesto che coinvolge tutti, dai primi agli ultimi, dai piccoli ai grandi, dai ricchi ai poveri. A volte, basta qualcosa di semplice come «un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito»[23]. Con questi piccoli- grandi gesti, ci avviciniamo alla meta della pace e vi arriveremo più in fretta, quanto più, lungo il cammino accanto ai fratelli e sorelle ritrovati, ci scopriremo già cambiati rispetto a come eravamo partiti. Infatti, la pace non giunge solo con la fine della guerra, ma con l’inizio di un nuovo mondo, un mondo in cui ci scopriamo diversi, più uniti e più fratelli rispetto a quanto avremmo immaginato.

15. Concedici, la tua pace, Signore! È questa la preghiera che elevo a Dio, mentre rivolgo gli auguri per il nuovo anno ai Capi di Stato e di Governo, ai Responsabili delle Organizzazioni internazionali, ai Leader delle diverse religioni, ad ogni persona di buona volontà.

Rimetti a noi i nostri debiti, Signore,

come noi li rimettiamo ai nostri debitori,

e in questo circolo di perdono concedici la tua pace,

quella pace che solo Tu puoi donare

a chi si lascia disarmare il cuore,

a chi con speranza vuole rimettere i debiti ai propri fratelli,

a chi senza timore confessa di essere tuo debitore,

a chi non resta sordo al grido dei più poveri.

Dal Vaticano, 8 dicembre 2024

FRANCESCO

[1] Spes non confundit. Bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025 (9 maggio 2024), 8.

[2] Cfr S. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 51.

[3] Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987), 36.

[4] Cfr Discorso ai partecipanti all’Incontro promosso dalle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, 16 maggio 2024.

[5] Cfr Esort. ap. Laudate Deum (4 ottobre 2023), 70.

[6] Cfr Spes non confundit. Bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025 (9 maggio 2024), 16.

[7] Homilia de avaritia, 7: PG 31, 275.

[8] Cfr Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 123.

[9] Cfr Catechesi, 2 settembre 2020: L’Osservatore Romano, 3 settembre 2020, p. 8.

[10] Cfr Discorso ai partecipanti all’Incontro “Debt Crisis in the Global South”, 5 giugno 2024.

[11] Cfr Discorso alla Conferenza degli Stati parte alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 28), 2 dicembre 2023.

[12] Cfr Discorso ai partecipanti all’Incontro “Debt Crisis in the Global South”, 5 giugno 2024.

[13] Cfr Spes non confundit. Bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025 (9 maggio 2024), 16.

[14] Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), 35.

[15] Cfr Spes non confundit. Bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025 (9 maggio 2024), 23.

[16] Discorso X (Terza collezione), Preghiera con cui i solitari si intrattengono, 100-101: CSCO 638, 115. S. Agostino arriva persino ad affermare che Dio non smette di farsi debitore dell’uomo: «Poiché “nei secoli è la tua misericordia”, ti degni con le tue promesse di diventare debitore di coloro ai quali rimetti tutti i debiti» (cfr Confessiones, 5,9,17: PL 32, 714).

[17] Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 51.

[18] Cfr Spes non confundit. Bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025 (9 maggio 2024), 10.

[19] Cfr S. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), 51; Benedetto XVI, Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 9 gennaio 2006; Id., Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 90.

[20] Cfr Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), 262; Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 8 gennaio 2024; Discorso alla Conferenza degli Stati parte alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 28), 2 dicembre 2023.

[21] Cfr Lett. enc. Pacem in terris (11 aprile 1963), 61.

[22] Cfr Momento di preghiera nel decennale dell’“Invocazione per la pace in Terra Santa”, 7 giugno 2024.

[23] Spes non confundit. Bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025 (9 maggio 2024), 18.

[01987-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Remets-nous nos dettes, donne-nous ta paix

I. À l’écoute du cri de l’humanité menacée

1. À l’aube de cette nouvelle année que nous donne le Père céleste, un temps jubilaire consacré à l’espérance, j’adresse mes vœux les plus sincères de paix à toute femme et à tout homme, en particulier à ceux qui se sentent abattus par leur condition existentielle, condamnés par leurs erreurs, écrasés par le jugement des autres, et qui ne parviennent plus à percevoir une quelconque perspective pour leur vie. À vous tous, espérance et paix, car cette année est une Année de Grâce qui vient du Cœur du Rédempteur !

2. En 2025, l’Église Catholique célèbre le Jubilé, un événement qui remplit les cœurs d’espérance. Le “jubilé” remonte à une ancienne tradition juive où le son d’une corne de bélier (en hébreu yobel) annonçait, tous les quarante-neuf ans, une année de clémence et de libération pour le peuple (cf. Lv 25, 10). Cet appel solennel devait en théorie se répercuter dans le monde entier (cf. Lv 25, 9), afin de rétablir la justice de Dieu dans les différents domaines de la vie : l’usage de la terre, la possession des biens, les relations avec le prochain, en particulier les plus pauvres et ceux qui étaient tombés en disgrâce. Le son de la corne rappelait à tout le peuple, aux riches comme aux pauvres, que personne ne vient au monde pour être opprimé : nous sommes frères et sœurs, enfants d’un même Père, nés pour être libres selon la volonté du Seigneur (cf. Lv 25, 17.25.43.46.55).

3. Aujourd’hui encore, le Jubilé est un événement qui nous pousse à rechercher la justice libératrice de Dieu sur la terre. Nous voudrions au début de cette Année de Grâce entendre, non pas la corne, mais l’« appel à l’aide désespéré»[1] qui monte de nombreuses parties du monde et que Dieu ne cesse d’entendre, comme la voix du sang d’Abel le juste (cf. Gn 4, 10). À notre tour, nous nous sentons appelés à être la voix de si nombreuses situations d’exploitation de la terre et d’oppression du prochain.[2] Ces injustices prennent parfois l’allure de ce que saint Jean-Paul II a appelé des « structures de péché »[3] puisqu’elles ne sont pas seulement dues à l’iniquité de quelques-uns mais se sont, pour ainsi dire, enracinées et reposent sur une large complicité.

4. Chacun doit se sentir d’une certaine manière responsable de la dévastation à laquelle notre maison commune est soumise, en commençant par les actions qui, ne serait-ce qu’indirectement, alimentent les conflits qui affligent l’humanité. Des défis systémiques, distincts mais interconnectés, frappant notre planète sont ainsi alimentés et entremêlés.[4] Je pense notamment aux inégalités de toutes sortes, au traitement inhumain réservé aux personnes migrantes, à la dégradation de l’environnement, à la confusion générée de manière coupable par la désinformation, au refus de tout type de dialogue et au financement énorme de l’industrie militaire. Autant de facteurs d’une menace réelle pour l’existence de l’humanité tout entière. En ce début d’année, nous voulons donc nous mettre à l’écoute de ce cri de l’humanité pour nous sentir appelés, tous ensemble et personnellement, à briser les chaînes de l’injustice afin de proclamer la justice de Dieu. Des actions épisodiques de philanthropie ne pourront pas suffire. Des transformations culturelles et structurelles sont nécessaires pour qu’un changement durable se produise.[5]

II. Un changement culturel : nous sommes tous redevables

5. L’événement jubilaire nous invite à entreprendre des changements pour affronter la situation présente d’injustice et d’inégalité, en nous rappelant que les biens de la terre sont destinés non seulement à quelques privilégiés, mais à tous.[6] Il peut être utile de rappeler ce qu’écrivait saint Basile de Césarée : « Qu’y a-t-il, dis-moi, qui t’appartienne ? Où as-tu pris quelque chose pour l’introduire dans ta vie ? […] N’es-tu pas sorti nu du sein de ta mère ? Ne t’en retourneras-tu pas nu encore dans la terre ? Les biens présents, d’où te sont-ils venus ? Si tu dis que c’est du hasard, tu es un impie, car tu ignores le Créateur et tu n’as pas de reconnaissance pour Celui qui t’a pourvu ».[7] Lorsque la gratitude disparaît, l’homme ne reconnaît plus les dons de Dieu. Mais, dans son infinie miséricorde, le Seigneur n’abandonne pas les hommes qui pèchent contre Lui : Il confirme plutôt le don de la vie par le pardon du salut, offert à tous par Jésus-Christ. C’est pourquoi, en nous enseignant le “Notre Père”, Jésus nous invite à demander : « Remets-nous nos dettes » (Mt 6, 12).

6. Lorsqu’une personne ignore le lien qui l’unit au Père, elle pense que les relations avec les autres peuvent être régies par une logique d’exploitation où le plus fort prétend avoir le droit d’empiéter sur le plus faible.[8] De même qu’à l’époque de Jésus les élites profitaient des souffrances des plus pauvres, de même aujourd’hui, dans le village mondial interconnecté,[9] le système international, s’il n’est pas nourri par des logiques de solidarité et d’interdépendance, génère des injustices exacerbées par la corruption, qui piègent les pays pauvres. La logique de l’exploitation du débiteur décrit aussi en résumé la “crise de la dette” actuelle qui touche plusieurs pays, en particulier du Sud.

7. Je ne me lasse pas de répéter que la dette extérieure est devenue un instrument de contrôle par lequel certains gouvernements et institutions financières privées des pays les plus riches n’hésitent pas à exploiter, sans discernement, les ressources humaines et naturelles des pays les plus pauvres, afin de satisfaire les besoins de leurs propres marchés.[10] À cela s’ajoute le fait que plusieurs populations, déjà accablées par la dette internationale, se voient contraintes de supporter également le fardeau de la dette écologique des pays les plus développés.[11] Dette écologique et dette extérieure sont les deux faces d’une même médaille, de cette logique d’exploitation qui culmine dans la crise de la dette.[12] Profitant de cette année jubilaire, j’invite la Communauté internationale à agir pour remettre la dette extérieure, en reconnaissant l’existence d’une dette écologique entre le Nord et le Sud. C’est un appel non seulement à la solidarité, mais surtout à la justice.[13]

8. Le changement culturel et structurel propre à surmonter cette crise aura lieu lorsque nous nous reconnaîtrons tous fils du Père et nous nous confesserons tous débiteurs devant Lui et tous nécessaires les uns aux autres, selon une logique de responsabilité partagée et diversifiée. Nous pourrons découvrir « définitivement que nous avons besoin les uns des autres et que nous avons des dettes les uns envers les autres ».[14]

III. Un chemin d’espérance : trois actions possibles

9. Si notre cœur se laisse toucher par ces changements nécessaires, l’Année de Grâce du Jubilé pourra ouvrir de nouveau le chemin de l’espérance pour chacun d’entre nous. L’espérance naît de l’expérience de la miséricorde de Dieu qui n’a jamais de limites.[15]

Dieu, qui ne doit rien à personne, continue d’accorder sans cesse sa grâce et sa miséricorde à tous les hommes. Isaac de Ninive, un Père de l’Église orientale du VIIème siècle, a écrit : « Ton amour est plus grand que mes dettes. Les vagues de la mer sont peu de chose comparées au nombre de mes péchés, mais si je pèse mes péchés, comparés à ton amour, ils s’évanouissent comme rien »[16]. Dieu ne calcule pas le mal commis par l’homme mais il est immensément « riche en miséricorde, à cause du grand amour dont Il nous a aimés » (Ep 2, 4). En même temps, Il entend le cri des pauvres et de la terre. Il suffirait de s’arrêter un instant, au début de cette année, et de penser à la grâce par laquelle Il pardonne toujours nos péchés et remet toutes nos dettes, pour que nos cœurs soient inondés d’espérance et de paix.

10. C’est pourquoi Jésus, dans la prière du “Notre Père”, dit une chose très exigeante après avoir demandé au Père la remise de nos dettes (cf. Mt 6, 12) : « Comme nous-mêmes avons remis à nos débiteurs ». Pour remettre une dette aux autres et leur donner de l’espérance, il faut en effet que notre vie soit remplie de cette même espérance qui vient de la miséricorde de Dieu. L’espérance est surabondante dans la générosité, dépourvue de calcul ; elle ne fait pas les comptes dans les poches des débiteurs, elle ne se soucie pas de son propre gain, mais elle n’a qu’un seul but : relever ceux qui sont tombés, panser les cœurs brisés, libérer de toute forme d’esclavage.

11. Je voudrais donc, au début de cette Année de Grâce, suggérer trois actions susceptibles de redonner de la dignité à la vie de populations entières et de les remettre sur le chemin de l’espérance afin que la crise de la dette puisse être surmontée et que tous puissent à nouveau se reconnaître comme des débiteurs pardonnés.

Je reprends tout d’abord l’appel, lancé par saint Jean-Paul II lors du Jubilé de l’an 2000, à penser à une « réduction importante, sinon à un effacement total, de la dette internationale qui pèse sur le destin de nombreuses nations ».[17] En reconnaissant la dette écologique, puissent les pays les plus riches se sentir appelés à tout mettre en œuvre pour remettre les dettes des pays qui ne sont pas en mesure de rembourser ce qu’ils doivent. Certes, pour qu’il ne s’agisse pas d’un acte de charité isolé qui risquerait ensuite d’enclencher à nouveau un cercle vicieux financement-dette, il faut, dans le même temps, développer une nouvelle architecture financière conduisant à la création d’une Charte financière mondiale, basée sur la solidarité et l’harmonie entre les peuples.

Je demande également un engagement ferme à promouvoir le respect de la dignité de la vie humaine, depuis la conception jusqu’à la mort naturelle, afin que toute personne puisse aimer sa propre vie et envisager l’avenir avec espérance, en désirant le développement et le bonheur pour elle-même et pour ses enfants. En effet, sans espérance en la vie, il est difficile que naisse dans le cœur des plus jeunes le désir d’engendrer d’autres vies. En particulier, je voudrais encore une fois inviter à un geste concret qui favorise la culture de la vie. Je veux parler de l’abolition de la peine de mort dans toutes les nations. En effet, cette pratique, non seulement transgresse l’inviolabilité de la vie, mais anéantit aussi toute espérance humaine de pardon et de renouveau[18].

J’ose également relancer un autre appel aux jeunes générations, me référant à saint Paul VI et à Benoît XVI,[19] en ces temps marqués par les guerres. Utilisons un pourcentage minimum fixe de l’argent dépensé aux fins d’armements pour la création d’un Fonds mondial qui élimine définitivement la faim et facilite les activités éducatives dans les pays les plus pauvres, afin de promouvoir le développement durable, en luttant contre le changement climatique.[20] Nous devons essayer d’éliminer les prétextes qui poussent les jeunes à imaginer leur avenir sans espoir, ou comme une attente de venger le sang de leurs proches. L’avenir est un don qui permet dépasser les erreurs du passé, afin de construire de nouveaux chemins de paix.

IV. L’objectif de la paix

12. Ceux qui entreprendront, à travers les gestes suggérés, le chemin de l’espérance pourront voir s’approcher l’objectif tant désiré de la paix. Le psalmiste nous confirme cette promesse : quand « amour et Vérité se rencontrent, Justice et Paix s’embrassent » (Ps 85, 11). Lorsque je me dépouille de l’arme du crédit et que je rouvre la voie de l’espérance à une sœur ou à un frère, je contribue au rétablissement de la justice de Dieu sur cette terre et je marche avec cette personne vers la paix. Comme le disait saint Jean XXIII, la paix véritable ne pourra venir que d’un cœur désarmé de l’angoisse et de la peur de la guerre.[21]

13. Que 2025 soit une année où progresse la paix ! Cette paix véritable et durable qui ne s’arrête pas aux querelles des contrats ni aux tables des compromis humains.[22] Cherchons la paix véritable, celle que Dieu donne à un cœur désarmé : un cœur qui ne calcule pas ce qui est à moi et ce qui est à toi ; un cœur qui défait l’égoïsme par l’empressement à aller à la rencontre des autres ; un cœur qui n’hésite pas à se reconnaître débiteur de Dieu et qui est prêt pour cela à remettre les dettes qui oppriment le prochain ; un cœur qui surmonte le découragement face à l’avenir par l’espérance que chacun est une richesse pour ce monde.

14. Le désarmement du cœur est un geste qui concerne tout le monde, des premiers aux derniers, des petits aux grands, des riches aux pauvres. Parfois, il suffit de quelque chose de simple comme « un sourire, un geste d’amitié, un regard fraternel, une écoute sincère, un service gratuit ».[23] Avec ces petits et grands gestes, nous nous rapprochons de la paix, et nous y arriverons d’autant plus vite que, cheminant aux côtés de nos frères et sœurs retrouvés, nous découvrirons que nous avons déjà changé par rapport au départ. La paix n’advient pas seulement du fait de la fin de la guerre, mais par le commencement d’un monde nouveau, un monde où nous nous découvrons différents, plus unis et plus frères que nous ne l’aurions imaginé.

15. Accorde-nous ta paix, Seigneur! Telle est la prière que j’élève à Dieu, tandis que j’adresse mes vœux pour la nouvelle année aux Chefs d’État et de Gouvernement, aux Responsables des Organisations internationales, aux Chefs des différentes religions, à toute personne de bonne volonté.

Remets-nous nos dettes, Seigneur,

comme nous les remettons à nos débiteurs,

et, dans ce cycle de pardon, accorde-nous ta paix,

cette paix que Toi seul peux donner

à ceux qui se laissent désarmer le cœur,

à ceux qui, avec espérance, veulent remettre leurs dettes à leurs frères,

à ceux qui confessent sans crainte qu’ils sont tes débiteurs,

à ceux qui ne restent pas sourds au cri des plus pauvres.

Du Vatican, le 8 décembre 2024

FRANÇOIS

________________

[1] Spes non confundit. Bulle d’Indiction du Jubilé Ordinaire de l’Année 2025 (9 mai 2024), n. 8.

[2] Cf. S. Jean-Paul II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), n. 51.

[3] Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 décembre 1987), n. 36.

[4] Cf. Discours aux participants à la Rencontre organisée par l’Académie Pontificale des Sciences et l’Académie Pontificale des Sciences Sociales, 16 mai 2024.

[5] Cf. Exhort. ap. Laudate Deum (4 octobre 2023), n. 70.

[6] Cf. Spes non confundit. Bulle d’Indiction du Jubilé Ordinaire de l’Année 2025 (9 mai 2024), n. 16.

[7] Homilia de avaritia, 7 : PG 31, 275.

[8] Cf. Lett. enc. Laudato si’ (24 mai 2015), n. 123.

[9] Cf. Catéchèse, 2 septembre 2020 : L’Osservatore Romano, 3 septembre 2020, p. 8.

[10] Cf. Discours aux participants au Séminaire “Debt Crisis in the Global South”, 5 juin 2024.

[11] Cf. Discours à la Conférence des États parties à la Convention-cadre des Nations Unies sur le changement climatique – COP 28 (2 décembre 2023).

[12] Cf. Discours aux participants au Séminaire “Debt Crisis in the Global South”, 5 juin 2024.

[13] Cf. Spes non confundit. Bulle d’Indiction du Jubilé Ordinaire de l’Année 2025 (9 mai 2024), n. 16.

[14] Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 35.

[15] Cf. Spes non confundit. Bulle d’indiction du Jubilé Ordinaire de l’Année 2025 (9 mai 2024), n. 23.

[16] Discours X (Troisième collection), Prière dont se divertissent les solitaires, 100-101 : CSCO 638, 115. S. Augustin va même jusqu’à affirmer que Dieu ne cesse de se faire débiteur de l’homme : « Puisque “ta miséricorde est éternelle”, tu daignes par tes promesses te faire le débiteur de ceux à qui tu remets toutes leurs dettes » (Confessiones, 5,9,17 : PL 32, 714).

[17] Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), n. 51.

[18] Cf. Spes non confundit. Bulle d'indiction du Jubilé Ordinaire de l’Année 2025 (9 mai 2024), n. 10.

[19] Cf. S. Paul VI, Lett. enc. Populorum progressio (26 mars 1967), n. 51 ; Benoît XVI, Discours au Corps Diplomatique, 9 janvier 2006 ; Id., Exhort. ap. post syn. Sacramentum caritatis (22 février 2007), n. 90.

[20] Cf. Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 262 ; Discours au Corps diplomatique, 8 janvier 2024 ; Discours à la Conférence des États parties à la Convention-cadre des Nations unies sur le changement climatique - COP 28, 2 décembre 2023.

[21] Cf. Lett. enc. Pacem in terris (11 avril 1963), n. 113.

[22] Cf. Moment de prière à l’occasion du dixième anniversaire de l’« Invocation pour la paix en Terre Sainte », 7 juin 2024.

[23] Spes non confundit. Bulle d’indiction du Jubilé Ordinaire de l’Année 2025 (9 mai 2024), n. 18.

[01987-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Forgive us our trespasses: grant us your peace

I. Listening to the plea of an endangered humanity

1. At the dawn of this New Year given to us by our heavenly Father, a year of Jubilee in the spirit of hope, I offer heartfelt good wishes of peace to every man and woman. I think especially of those who feel downtrodden, burdened by their past mistakes, oppressed by the judgment of others and incapable of perceiving even a glimmer of hope for their own lives. Upon everyone I invoke hope and peace, for this is a Year of Grace born of the Heart of the Redeemer!

2. Throughout this year, the Catholic Church celebrates the Jubilee, an event that fills hearts with hope. The “jubilee” recalls an ancient Jewish practice, when, every forty-ninth year, the sound of a ram’s horn (in Hebrew, jobel) would proclaim a year of forgiveness and freedom for the entire people (cf. Lev 25:10). This solemn proclamation was meant to echo throughout the land (cf. Lev 25:9) and to restore God’s justice in every aspect of life: in the use of the land, in the possession of goods and in relationships with others, above all the poor and the dispossessed. The blowing of the horn reminded the entire people, rich and poor alike, that no one comes into this world doomed to oppression: all of us are brothers and sisters, sons and daughters of the same Father, born to live in freedom, in accordance with the Lord’s will (cf. Lev 25:17, 25, 43, 46, 55).

3. In our day too, the Jubilee is an event that inspires us to seek to establish the liberating justice of God in our world. In place of the ram’s horn, at the start of this Year of Grace we wish to hear the “desperate plea for help”[1] that, like the cry of the blood of Abel (cf. Gen 4:10), rises up from so many parts of our world – a plea that God never fails to hear. We for our part feel bound to cry out and denounce the many situations in which the earth is exploited and our neighbours oppressed.[2] These injustices can appear at times in the form of what Saint John Paul II called “structures of sin”,[3] that arise not only from injustice on the part of some but are also consolidated and maintained by a network of complicity.

4. Each of us must feel in some way responsible for the devastation to which the earth, our common home, has been subjected, beginning with those actions that, albeit only indirectly, fuel the conflicts that presently plague our human family. Systemic challenges, distinct yet interconnected, are thus created and together cause havoc in our world.[4] I think, in particular, of all manner of disparities, the inhuman treatment meted out to migrants, environmental decay, the confusion willfully created by disinformation, the refusal to engage in any form of dialogue and the immense resources spent on the industry of war. All these, taken together, represent a threat to the existence of humanity as a whole. At the beginning of this year, then, we desire to heed the plea of suffering humankind in order to feel called, together and as individuals, to break the bonds of injustice and to proclaim God’s justice. Sporadic acts of philanthropy are not enough. Cultural and structural changes are necessary, so that enduring change may come about.[5]

II. A cultural change: all of us are debtors

5. The celebration of the Jubilee spurs us to make a number of changes in order to confront the present state of injustice and inequality by reminding ourselves that the goods of the earth are meant not for a privileged few, but for everyone.[6] We do well to recall the words of Saint Basil of Caesarea: “Tell me, what things belong to you? Where did you find them to make them part of your life? … Did you not come forth naked from the womb of your mother? Will you not return naked to the ground? Where did your property come from? If you say that it comes to you naturally by luck, you would deny God by not recognizing the Creator and being grateful to the Giver”.[7] Without gratitude, we are unable to recognize God’s gifts. Yet in his infinite mercy the Lord does not abandon sinful humanity, but instead reaffirms his gift of life by the saving forgiveness offered to all through Jesus Christ. That is why, in teaching us the “Our Father”, Jesus told us to pray: “Forgive us our trespasses” (Mt 6:12).

6. Once we lose sight of our relationship to the Father, we begin to cherish the illusion that our relationships with others can be governed by a logic of exploitation and oppression, where might makes right.[8] Like the elites at the time of Jesus, who profited from the suffering of the poor, so today, in our interconnected global village,[9] the international system, unless it is inspired by a spirit of solidarity and interdependence, gives rise to injustices, aggravated by corruption, which leave the poorer countries trapped. A mentality that exploits the indebted can serve as a shorthand description of the present “debt crisis” that weighs upon a number of countries, above all in the global South.

7. I have repeatedly stated that foreign debt has become a means of control whereby certain governments and private financial institutions of the richer countries unscrupulously and indiscriminately exploit the human and natural resources of poorer countries, simply to satisfy the demands of their own markets.[10] In addition, different peoples, already burdened by international debt, find themselves also forced to bear the burden of the “ecological debt” incurred by the more developed countries.[11] Foreign debt and ecological debt are two sides of the same coin, namely the mindset of exploitation that has culminated in the debt crisis.[12] In the spirit of this Jubilee Year, I urge the international community to work towards forgiving foreign debt in recognition of the ecological debt existing between the North and the South of this world. This is an appeal for solidarity, but above all for justice.[13]

8. The cultural and structural change needed to surmount this crisis will come about when we finally recognize that we are all sons and daughters of the one Father, that we are all in his debt but also that we need one another, in a spirit of shared and diversified responsibility. We will be able to “rediscover once for all that we need one another” and are indebted one to another.[14]

III. A journey of hope: three proposals

9. If we take to heart these much-needed changes, the Jubilee Year of Grace can serve to set each of us on a renewed journey of hope, born of the experience of God’s unlimited mercy.[15]

God owes nothing to anyone, yet he constantly bestows his grace and mercy upon all. As Isaac of Nineveh, a seventh-century Father of the Eastern Church, put it in one of his prayers: “Your love, Lord, is greater than my trespasses. The waves of the sea are nothing with respect to the multitude of my sins, but placed on a scale and weighed against your love, they vanish like a speck of dust”.[16] God does not weigh up the evils we commit; rather, he is immensely “rich in mercy, for the great love with which he loved us” (Eph 2:4). Yet he also hears the plea of the poor and the cry of the earth. We would do well simply to stop for a moment, at the beginning of this year, to think of the mercy with which he constantly forgives our sins and forgives our every debt, so that our hearts may overflow with hope and peace.

10. In teaching us to pray the “Our Father”, Jesus begins by asking the Father to forgive our trespasses, but passes immediately to the challenging words: “as we forgive those who trespass against us” (cf. Mt 6:12). In order to forgive others their trespasses and to offer them hope, we need for our own lives to be filled with that same hope, the fruit of our experience of God’s mercy. Hope overflows in generosity; it is free of calculation, makes no hidden demands, is unconcerned with gain, but aims at one thing alone: to raise up those who have fallen, to heal hearts that are broken and to set us free from every kind of bondage.

11. Consequently, at the beginning of this Year of Grace, I would like to offer three proposals capable of restoring dignity to the lives of entire peoples and enabling them to set them out anew on the journey of hope. In this way, the debt crisis can be overcome and all of us can once more realize that we are debtors whose debts have been forgiven.

First, I renew the appeal launched by Saint John Paul II on the occasion of the Great Jubilee of the Year 2000 to consider “reducing substantially, if not cancelling outright, the international debt which seriously threatens the future of many nations”.[17] In recognition of their ecological debt, the more prosperous countries ought to feel called to do everything possible to forgive the debts of those countries that are in no condition to repay the amount they owe. Naturally, lest this prove merely an isolated act of charity that simply reboots the vicious cycle of financing and indebtedness, a new financial framework must be devised, leading to the creation of a global financial Charter based on solidarity and harmony between peoples.

I also ask for a firm commitment to respect for the dignity of human life from conception to natural death, so that each person can cherish his or her own life and all may look with hope to a future of prosperity and happiness for themselves and for their children. Without hope for the future, it becomes hard for the young to look forward to bringing new lives into the world. Here I would like once more to propose a concrete gesture that can help foster the culture of life, namely the elimination of the death penalty in all nations. This penalty not only compromises the inviolability of life but eliminates every human hope of forgiveness and rehabilitation.[18]

In addition, following in the footsteps of Saint Paul VI and Benedict XVI,[19] I do not hesitate to make yet another appeal, for the sake of future generations. In this time marked by wars, let us use at least a fixed percentage of the money earmarked for armaments to establish a global Fund to eradicate hunger and facilitate in the poorer countries educational activities aimed at promoting sustainable development and combating climate change.[20] We need to work at eliminating every pretext that encourages young people to regard their future as hopeless or dominated by the thirst to avenge the blood of their dear ones. The future is a gift meant to enable us to go beyond past failures and to pave new paths of peace.

IV. The goal of peace

12. Those who take up these proposals and set out on the journey of hope will surely glimpse the dawn of the greatly desired goal of peace. The Psalmist promises us that “steadfast love and faithfulness will meet; righteousness and peace will kiss” (Ps 85:10). When I divest myself of the weapon of credit and restore the path of hope to one of my brothers or sisters, I contribute to the restoration of God’s justice on this earth and, with that person, I advance towards the goal of peace. As Saint John XXIII observed, true peace can be born only from a heart “disarmed” of anxiety and the fear of war.[21]

13. May 2025 be a year in which peace flourishes! A true and lasting peace that goes beyond quibbling over the details of agreements and human compromises.[22] May we seek the true peace that is granted by God to hearts disarmed: hearts not set on calculating what is mine and what is yours; hearts that turn selfishness into readiness to reach out to others; hearts that see themselves as indebted to God and thus prepared to forgive the debts that oppress others; hearts that replace anxiety about the future with the hope that every individual can be a resource for the building of a better world.

14. Disarming hearts is a job for everyone, great and small, rich and poor alike. At times, something quite simple will do, such as “a smile, a small gesture of friendship, a kind look, a ready ear, a good deed”.[23] With such gestures, we progress towards the goal of peace. We will arrive all the more quickly if, in the course of journeying alongside our brothers and sisters, we discover that we have changed from the time we first set out. Peace does not only come with the end of wars but with the dawn of a new world, a world in which we realize that we are different, closer and more fraternal than we ever thought possible.

15. Lord, grant us your peace! This is my prayer to God as I now offer my cordial good wishes for the New Year to the Heads of State and Government, to the leaders of International Organizations, to the leaders of the various religions and to every person of good will.

Forgive us our trespasses, Lord,

as we forgive those who trespass against us.

In this cycle of forgiveness, grant us your peace,

the peace that you alone can give

to those who let themselves be disarmed in heart,

to those who choose in hope to forgive the debts of their brothers and sisters,

to those who are unafraid to confess their debt to you,

and to those who do not close their ears to the cry of the poor.

From the Vatican, 8 December 2024

FRANCIS

______________

[1] Bull of Indiction of the Ordinary Jubilee of the Year 2025 Spes Non Confundit (9 May 2024), 8.

[2] Cf. SAINT JOHN PAUL II, Apostolic Letter Tertio Millennio Adveniente (10 November 1994), 51.

[3] Encyclical Letter Sollicitudo Rei Socialis (30 December 1987), 36.

[4] Cf. Address to Participants in the Summit of the Pontifical Academies of Sciences and of Social Sciences, 16 May 2024.

[5] Cf. Apostolic Exhortation Laudate Deum (4 October 2023), 70.

[6] Cf. Bull of Indiction of the Ordinary Jubilee of the Year 2025 Spes Non Confundit (9 May 2024), 16.

[7] Homilia de avaritia, 7: PG 31, 275.

[8] Cf. Encyclical Letter Laudato Si’ (24 May 2015), 123.

[9] Cf. Catechesis, 2 September 2020: L’Osservatore Romano, 3 September 2020, p. 8.

[10] Cf. Address to Participants in the Meeting “Addressing the Debt Crisis in the Global South”, 5 June 2024.

[11] Cf. Address to the Conference of Parties to the United Nations Framework Convention on Climate Change – COP 28, 2 December 2023.

[12] Cf. Address to Participants in the Meeting “Addressing Debt Crisis in the Global South”, 5 June 2024.

[13] Cf. Bull of Indiction of the Ordinary Jubilee of the Year 2025 Spes Non Confundit (9 May 2024), 16.

[14] Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), 35.

[15] Cf. Bull of Indiction of the Ordinary Jubilee of the Year 2025 Spes Non Confundit (9 May 2024), 23.

[16] Oratio X, 100-101: CSCO 638, 115. Saint Augustine could even state that God remains constantly in our debt: “Since ‘your mercy is everlasting’, you deign by your promises to become a debtor to all those whose sins you forgive” (cf. Confessions, 5, 9, 17: PL 32, 714).

[17] Apostolic Letter Tertio Millennio Adveniente (10 November 1994), 51.

[18] Cf. Bull of Indiction of the Ordinary Jubilee of the Year 2025 Spes Non Confundit (9 May 2024), 10.

[19] Cf. SAINT PAUL VI, Encyclical Letter Populorum Progressio (26 March 1967), 51; BENEDICT XVI, Address to the Diplomatic Corps accredited to the Holy See, 9 January 2006; Post-Synodal Apostolic Exhortation Sacramentum Caritatis (22 February 2007), 90.

[20] Cf. Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), 262; Address to the Diplomatic Corps accredited to the Holy See, 8 January 2024; Address to the Conference of Parties to the United Nations Framework Convention on Climate Change – COP 28, 2 December 2023.

[21] Cf. Encyclical Letter Pacem in Terris (11 April 1963), Carlen 113.

[22] Cf. Moment of Prayer on the Tenth Anniversary of the “Invocation for Peace in the Holy Land”, 7 June 2024.

[23] Bull of Indiction of the Ordinary Jubilee of the Year 2025 Spes Non Confundit (9 May 2024), 18.

[01987-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Vergib uns unsere Schuld, schenke uns deinen Frieden

I. Auf den Schrei der bedrohten Menschheit hören

1. Zu Beginn dieses neuen Jahres, das uns von unserem himmlischen Vater geschenkt wird, eines Heiligen Jahres, das der Hoffnung gewidmet ist, wünsche ich allen Frauen und Männern von ganzem Herzen Frieden, insbesondere denen, die aufgrund ihrer Lebenssituation niedergeschlagen sind, die sich von den eigenen Fehlern verurteilt und vom Urteil anderer erdrückt fühlen und die für ihr Leben keine Perspektive mehr erkennen. Euch allen wünsche ich Hoffnung und Frieden, denn dies ist ein Jahr der Gnade, das aus dem Herzen des Erlösers kommt!

2. Das Jahr 2025 begeht die katholische Kirche als Heiliges Jahr, als ein Ereignis, das die Herzen mit Hoffnung erfüllt. Das „Jubeljahr“ geht auf eine alte jüdische Tradition zurück, gemäß der das Tönen eines Widderhorns (Widder heißt auf Hebräisch yobel) alle neunundvierzig Jahre ein Jahr der Begnadigung und Befreiung für das ganze Volk ankündigte (vgl. Lev 25,10). Dieser feierliche Ruf sollte der Idee nach in der ganzen Welt widerhallen (vgl. Lev 25,9), um die Gerechtigkeit Gottes in den verschiedenen Lebensbereichen wiederherzustellen: im Bereich der Nutzung des Landes, des Besitzes von Gütern, der Beziehung zum Nächsten, insbesondere zu den Ärmsten und den in Ungnade Gefallenen. Das Ertönen des Horns erinnerte das ganze Volk, die Reichen und die Verarmten, daran, dass kein Mensch auf die Welt kommt, um unterdrückt zu werden: Wir sind Brüder und Schwestern, Kinder desselben Vaters, geboren, um nach dem Willen des Herrn frei zu sein (vgl. Lev 25,17.25.43.46.55).

3. Auch heute ist das Heilige Jahr ein Ereignis, das uns dazu anspornt, auf der ganzen Erde die befreiende Gerechtigkeit Gottes zu suchen. Anstatt auf das Horn wollen wir zu Beginn dieses Gnadenjahres auf den »verzweifelten Hilfeschrei«[1] hören, der wie die Stimme des Blutes Abels, des Gerechten, aus vielen Teilen der Erde aufsteigt (vgl. Gen 4,10) und auf den Gott ohne Unterlass hört. Wir wiederum fühlen uns berufen, uns zum Sprachrohr so vieler Situationen der Ausbeutung der Erde und der Unterdrückung unserer Nächsten zu machen.[2] Diese Ungerechtigkeiten nehmen manchmal die Gestalt dessen an, was der heilige Johannes Paul II. als »Strukturen der Sünde«[3] bezeichnete, da sie nicht nur auf die Ungerechtigkeit einiger weniger zurückzuführen sind, sondern sich gewissermaßen verfestigt haben und auf einer weitreichenden Komplizenschaft beruhen.

4. Jeder von uns muss sich in gewisser Weise für die Zerstörung verantwortlich fühlen, der unser gemeinsames Haus ausgesetzt ist, angefangen bei den Handlungen, die, wenn auch nur indirekt, die Konflikte anheizen, die die Menschheit gerade geißeln. So entstehen und verflechten sich unterschiedliche, aber miteinander verbundene systemische Herausforderungen, die unseren Planeten heimsuchen.[4] Ich beziehe mich insbesondere auf Ungleichheiten jeglicher Art, die unmenschliche Behandlung von Migranten, die Umweltverschmutzung, die durch Desinformation schuldhaft erzeugte Verwirrung, die Ablehnung jeglicher Art von Dialog und die beträchtliche Finanzierung der Militärindustrie. Dies alles sind Faktoren, die eine reale Bedrohung für die Existenz der gesamten Menschheit darstellen. Zu Beginn dieses Jahres wollen wir daher auf diesen Schrei der Menschheit hören, um uns alle gemeinsam und persönlich aufgerufen zu fühlen, die Ketten der Ungerechtigkeit zu sprengen, um Gottes Gerechtigkeit zu verkünden. Ein paar punktuelle Akte der Philanthropie werden nicht genügen. Vielmehr bedarf es kultureller und struktureller Veränderungen, damit auch ein dauerhafter Wandel stattfinden kann.[5]

II. Ein kultureller Wandel: Wir sind alle Schuldner

5. Das Ereignis des Heiligen Jahres fordert uns auf, verschiedene Veränderungen vorzunehmen, um den gegenwärtigen Zustand von Ungerechtigkeit und Ungleichheit anzugehen und uns daran zu erinnern, dass die Güter der Erde nicht nur für einige wenige Privilegierte bestimmt sind, sondern für alle.[6] Es mag nützlich sein, sich an das zu erinnern, was der heilige Basilius von Cäsarea geschrieben hat: »Aber sage mir, was ist denn dein? Woher hast du es bekommen und in die Welt gebracht? […] Bist du nicht nackt aus dem Mutterschoße gekommen, und wirst du nicht nackt wieder zur Erde zurückkehren? Woher hast du denn deine Güter? Sagst du: vom Zufalle, dann bist du gottlos, weil du den Schöpfer nicht erkennst und dem Geber keinen Dank weißt.«[7] Wenn die Dankbarkeit verloren geht, erkennt der Mensch die Gaben Gottes nicht mehr an. In seiner unendlichen Barmherzigkeit lässt der Herr die Menschen, die sich gegen ihn versündigt haben, jedoch nicht im Stich, sondern bestätigt die Gabe des Lebens mit der Vergebung des Heils, das allen durch Jesus Christus angeboten wird. Als er uns das „Vaterunser“ lehrt fordert Jesus uns deshalb auf zu bitten: »Erlass uns unsere Schulden« (Mt 6,12).

6. Wenn ein Mensch die eigene Verbindung mit dem himmlischen Vater ignoriert, mag er auf den Gedanken kommen, die Beziehungen zu den anderen könnten von einer Logik der Ausbeutung bestimmt werden, in der die Stärksten das Recht beanspruchen, über die Schwächsten zu herrschen.[8] Ebenso wie die Eliten zur Zeit Jesu von den Leiden der Ärmsten profitierten, erzeugt das internationale System heute im vernetzten globalen Dorf Ungerechtigkeiten,[9] die durch Korruption noch verschärft werden und die armen Länder in eine Sackgasse führen, wenn es nicht von einer Logik der Solidarität und Interdependenz genährt wird. Die Logik der Ausbeutung des Schuldners beschreibt auch prägnant die gegenwärtige „Schuldenkrise“, die einige Länder, insbesondere im globalen Süden belastet.

7. Ich werde nicht müde zu wiederholen, dass die Auslandsverschuldung zu einem Kontrollinstrument geworden ist, mit dem einige Regierungen und private Finanzinstitute der reichsten Länder ohne Skrupel die menschlichen und natürlichen Ressourcen der ärmsten Länder wahllos ausbeuten, um die Nachfrage ihrer eigenen Märkte zu befriedigen.[10] Hinzu kommt, dass verschiedene Völker, die bereits durch internationale Schulden belastet sind, sich gezwungen sehen, auch die Last der ökologischen Schulden der weiter entwickelten Länder zu tragen.[11] Ökologische Schulden und Auslandsschulden sind zwei Seiten derselben Medaille – dieser Logik der Ausbeutung, die in der Schuldenkrise gipfelt.[12] In Anbetracht dieses Heiligen Jahres rufe ich die internationale Gemeinschaft auf, Maßnahmen zum Erlass der Auslandsschulden zu ergreifen und dabei die Existenz von ökologischen Schulden zwischen Nord und Süd anzuerkennen. Es ist ein Aufruf zur Solidarität, aber vor allem zur Gerechtigkeit.[13]

8. Der kulturelle und strukturelle Wandel zur Überwindung dieser Krise wird eintreten, wenn wir uns endlich alle als Kinder des himmlischen Vaters anerkennen und vor ihm bekennen, dass wir alle Schuldner, aber auch alle aufeinander angewiesen sind, gemäß einer geteilten und breit gefächerten Verantwortung. Wir werden dann »ein für alle Mal entdecken, dass wir einander brauchen und in gegenseitiger Schuld stehen«[14].

III. Ein Weg der Hoffnung: drei mögliche Maßnahmen

9. Wenn wir unser Herz von diesen notwendigen Veränderungen bewegen lassen, kann das Gnadenjahr des Jubiläums für jeden von uns den Weg der Hoffnung neu eröffnen. Die Hoffnung entspringt aus der Erfahrung der Barmherzigkeit Gottes, die immer ohne Grenzen ist.[15]

Gott, der niemandem etwas schuldet, schenkt allen Menschen unaufhörlich Gnade und Barmherzigkeit. Isaak von Ninive, ein Vater der Ostkirche aus dem 7. Jahrhundert, schrieb: »Deine Liebe ist größer als meine Schuld. Die Wellen des Meeres sind klein im Vergleich zur Zahl meiner Sünden; wenn wir aber meine Sünden wiegen, so sind sie im Vergleich zu deiner Liebe wie nichts«.[16] Gott rechnet das vom Menschen begangene Übel nicht an, sondern ist unermesslich „reich an Erbarmen, in seiner großen Liebe, mit der er uns geliebt hat“ (vgl. Eph 2,4). Zugleich hört er den Schrei der Armen und der Erde. Wir brauchen zu Beginn dieses Jahres nur einen Augenblick innezuhalten und an die Gnade zu denken, mit der er uns jedes Mal unsere Sünden vergibt und uns alle unsere Schuld erlässt. Dann werden wir im Herzen von Hoffnung und Frieden erfüllt.

10. Deshalb lässt Jesus im Gebet des „Vaterunsers“ die sehr anspruchsvolle Aussage »wie auch wir vergeben unseren Schuldigern« gleich auf die Stelle folgen, an der wir den Vater um den Erlass unserer Schulden gebeten haben (vgl. Mt 6,12). Um anderen eine Schuld zu vergeben und ihnen Hoffnung zu schenken, muss das eigene Leben nämlich von eben jener Hoffnung erfüllt sein, die aus der Barmherzigkeit Gottes kommt. Die Hoffnung ist überaus großherzig, sie ist nicht berechnend, sie mischt sich nicht in die Geldangelegenheiten der Schuldner ein, sie ist nicht auf ihren eigenen Gewinn bedacht, sondern hat nur ein Ziel: die Gefallenen aufzurichten, die zerbrochenen Herzen zu heilen, von allen Formen der Knechtschaft zu befreien.

11. Deshalb möchte ich zu Beginn dieses Gnadenjahres drei Maßnahmen vorschlagen, die dem Leben ganzer Bevölkerungen ihre Würde zurückgeben und sie auf den Weg der Hoffnung zurückführen können, damit die Schuldenkrise überwunden werden kann und sich alle wieder als Schuldner erkennen, denen vergeben wurde.

Zunächst greife ich den Appell des heiligen Johannes Paul II. anlässlich des Heiligen Jahres 2000 wieder auf, an »eine Reduzierung, wenn nicht überhaupt an einen gänzlichen Erlass der internationalen Schulden zu denken, die auf dem Geschick vieler Nationen lasten«[17]. Durch die Anerkennung der ökologischen Schulden sollen sich die wohlhabenderen Länder dazu berufen fühlen, alles zu tun, um die Schulden jener Länder zu erlassen, die nicht in der Lage sind, ihre Schulden zurückzuzahlen. Damit dies kein isolierter Akt der Wohltätigkeit ist, der die Gefahr in sich birgt, erneut einen Teufelskreis aus Finanzierung und Verschuldung in Gang zu setzen, muss gleichzeitig eine neue Finanzarchitektur zur Schaffung einer globalen Finanzcharta entwickelt werden, die auf Solidarität und Harmonie zwischen den Völkern beruht.

Darüber hinaus fordere ich eine feste Verpflichtung zur Förderung der Achtung der Würde des menschlichen Lebens von der Empfängnis bis zum natürlichen Tod, damit jeder Mensch sein Leben lieben und hoffnungsvoll in die Zukunft blicken kann, mit der Sehnsucht nach Entwicklung und Glück für sich und seine Kinder. Ohne Hoffnung auf das Leben ist es nämlich schwierig, dass in den Herzen der jungen Menschen der Wunsch entsteht, neues Leben zu zeugen. Gerade hier möchte ich noch einmal zu einer konkreten Geste einladen, die die Kultur des Lebens fördern kann: Ich beziehe mich auf die Abschaffung der Todesstrafe in allen Ländern. Diese Maßregel verletzt nämlich nicht nur die Unantastbarkeit des Lebens, sondern macht auch jede menschliche Hoffnung auf Vergebung und Erneuerung zunichte.[18]

Ich wage, in Anlehnung an den heiligen Paul VI. und Benedikt XVI.,[19] in dieser von Kriegen gezeichneten Zeit auch einen weiteren Appell zugunsten der jüngeren Generationen: Lasst uns wenigstens einen festen Prozentsatz des Rüstungsetats für die Einrichtung eines Weltfonds verwenden, der den Hunger endgültig beseitigen und in den ärmsten Ländern Bildungsmaßnahmen zur Förderung einer nachhaltigen Entwicklung ermöglichen soll, die dem Klimawandel entgegenwirken.[20] Wir sollten versuchen, jedes Motiv zu beseitigen, das junge Menschen dazu bringen könnte, hoffnungslos in die Zukunft zu blicken, in Erwartung das Blut ihrer Angehörigen zu rächen. Die Zukunft ist ein Geschenk, um die Fehler der Vergangenheit zu überwinden und neue Wege des Friedens zu bauen.

IV. Das Ziel des Friedens

12. Wer sich durch die vorgeschlagenen Gesten auf den Weg der Hoffnung begibt, wird das so sehr ersehnte Ziel des Friedens immer näher sehen können. Der Psalmist bestätigt uns in dieser Verheißung: »Es begegnen einander Huld und Treue; Gerechtigkeit und Friede küssen sich« (Ps 85,11). Wenn ich die Waffe des Kredits niederlege und einer Schwester oder einem Bruder wieder den Weg der Hoffnung eröffne, trage ich zur Wiederherstellung der Gerechtigkeit Gottes auf dieser Erde bei und gehe zusammen mit diesem Menschen dem Ziel des Friedens entgegen. Wie der heilige Johannes XXIII. sagte, kann der wahre Frieden nur aus einem Herzen kommen, das die Angst und Furcht vor dem Krieg abgelegt hat.[21]

13. Möge 2025 ein Jahr sein, in dem der Frieden wächst! Jener wahre und dauerhafte Friede, der nicht bei den Spitzfindigkeiten von Verträgen oder menschlichen Kompromissen stehen bleibt.[22] Suchen wir den wahren Frieden, den Gott einem entwaffneten Herzen schenkt: einem Herzen, das nicht darauf versessen ist, zu berechnen, was mir gehört und was dir gehört; einem Herzen, das den Egoismus ablegt und bereit ist, den anderen die Hand zu reichen; einem Herzen, das nicht zögert, sich als Schuldner Gottes zu bekennen und deshalb bereit ist, die Schulden zu erlassen, die den Mitmenschen belasten; einem Herzen, das die Mutlosigkeit im Hinblick auf die Zukunft mit der Hoffnung überwindet, dass jeder Mensch eine Bereicherung für diese Welt ist.

14. Die Abrüstung des Herzens ist eine Geste, die alle betrifft, vom Ersten bis zum Letzten, von den Kleinen bis zu den Großen, von den Reichen bis zu den Armen. Manchmal reicht etwas so Einfaches wie »auch nur ein Lächeln, eine Geste der Freundschaft, ein geschwisterlicher Blick, ein aufrichtiges Zuhören, ein kostenloser Dienst«[23]. Mit diesen kleinen und gleichzeitig großen Gesten kommen wir dem Ziel des Friedens näher und wir werden es umso schneller erreichen, je mehr wir auf dem Weg an der Seite unserer wiedergefundenen Brüder und Schwestern entdecken, dass wir uns bereits verändert haben, verglichen mit unseren Anfängen. Denn der Friede kommt nicht bloß mit dem Ende des Krieges, sondern mit dem Beginn einer neuen Welt, einer Welt, in der wir uns anders, geeinter und geschwisterlicher erleben, als wir es uns vorgestellt hätten.

15. Gewähre uns deinen Frieden, Herr! Mit diesem Gebet zu Gott richte ich zugleich meine Neujahrsgrüße an die Staats- und Regierungschefs, an die Verantwortlichen der internationalen Organisationen, an die Oberhäupter der verschiedenen Religionen und an alle Menschen guten Willens.

Vergib uns unsere Schuld, Herr,

wie auch wir vergeben unseren Schuldigern,

und schenke uns in diesem Kreislauf der Vergebung deinen Frieden,

jenen Frieden, den nur du geben kannst:

denen, die ihr Herz entwaffnen lassen,

denen, die voller Hoffnung ihren Brüdern und Schwestern die Schulden nachlassen wollen,

denen, die furchtlos bekennen, dass sie bei dir in Schuld stehen,

denen, die nicht taub bleiben für den Schrei der Ärmsten.

Aus dem Vatikan, am 8. Dezember 2024

FRANZISKUS

__________________

[1] Spes non confundit. Verkündigungsbulle des Heiligen Jahres 2025 (9. Mai 2024), 8.

[2] Vgl. Johannes Paul II., Apostolisches Schreiben Tertio millennio adveniente (10. November 1994), 51.

[3] Enzyklika Sollicitudo rei socialis (30. Dezember 1987), 36.

[4] Vgl. Ansprache an die Teilnehmer der von den Päpstlichen Akademien der Wissenschaften und der Sozialwissenschaften veranstalteten Tagung, 16. Mai 2024.

[5] Vgl. Apostolisches Schreiben Laudate Deum (4. Oktober 2023), 70.

[6] Vgl. Spes non confundit. Verkündigungsbulle des Heiligen Jahres 2025 (9. Mai 2024), 16.

[7] Homilia de avaritia, 7: BKV, 1. Reihe, Band 47, S. 237.

[8] Vgl. Enzyklika Laudato si ' (24. Mai 2015), 123.

[9] Vgl. Katechese, 2. September 2020.

[10] Vgl. Ansprache an die Teilnehmer des Treffens „Debt Crisis in the Global South“, 5. Juni 2024.

[11] Vgl. Ansprache an die Konferenz der Vertragsstaaten des Rahmenübereinkommens der Vereinten Nationen über Klimaänderungen – COP 28 (2. Dezember 2023).

[12] Vgl. Ansprache an die Teilnehmer des Treffens „Debt Crisis in the Global South“, 5. Juni 2024.

[13] Vgl. Spes non confundit. Verkündigungsbulle des Heiligen Jahres 2025 (9. Mai 2024), 16.

[14] Enzyklika Fratelli tutti (3. Oktober 2020), 35.

[15] Vgl. Spes non confundit. Verkündigungsbulle des Heiligen Jahres 2025 (9. Mai 2024), 23.

[16] Predigt X (Dritte Sammlung), Gebet, mit dem sich die Einsamen unterhalten, 100-101: CSCO 638, 115. Augustinus geht sogar so weit zu sagen, dass Gott nie aufhört, sich dem Menschen gegenüber zum Schuldner zu machen: „Da deine Barmherzigkeit ewig währt, lässt du dich darauf ein, durch deine Verheißungen zum Schuldner derer zu werden, denen du alle Schuld vergibst“ (vgl. Confessiones, 5,9,17: PL 32, 714).

[17] Apostolisches Schreiben Tertio millennio adveniente (10. November 1994), 51.

[18] Vgl. Spes non confundit. Verkündigungsbulle des Heiligen Jahres 2025 (9. Mai 2024), 10.

[19] Vgl. Paul VI., Enzyklika Populorum progressio (26. März 1967), 51; Benedikt XVI., Ansprache an das beim Heiligen Stuhl akkreditierte diplomatische Korps, 9. Januar 2006; Ders., Apostolisches Schreiben Sacramentum caritatis (22. Februar 2007), 90.

[20] Vgl. Enzyklika Fratelli tutti (3. Oktober 2020), 262; Ansprache an das beim Heiligen Stuhl akkreditierte diplomatische Korps, 8. Januar 2024; Ansprache an die Konferenz der Vertragsstaaten der Klimarahmenkonvention der Vereinten Nationen (COP 28), 2. Dezember 2023.

[21] Vgl. Enzyklika Pacem in Terris (11. April 1963), 61.

[22] Vgl. Gebetsstunde zum 10. Jahrestag des „Aufrufs zum Frieden im Heiligen Land“, 7. Juni 2024.

[23] Spes non confundit. Verkündigungsbulle des Heiligen Jahres 2025 (9. Mai 2024), 18.

[01987-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Perdona nuestras ofensas, concédenos tu paz

I. Escuchando el grito de la humanidad amenazada

1. Al inicio de este nuevo año que nos da el Padre celestial, tiempo jubilar dedicado a la esperanza, dirijo mi más sincero deseo de paz a toda mujer y hombre, en particular a quien se siente postrado por su propia condición existencial, condenado por sus propios errores, aplastado por el juicio de los otros, y ya no logra divisar ninguna perspectiva para su propia vida. A todos ustedes, esperanza y paz, porque este es un Año de gracia que proviene del Corazón del Redentor.

2. En el 2025 la Iglesia católica celebra el Jubileo, evento que colma los corazones de esperanza. El “jubileo” se remonta a una antigua tradición judía, cuando el sonido de un cuerno de carnero —en hebreo yobel— anunciaba, cada cuarenta y nueve años, uno de clemencia y liberación para todo el pueblo (cf. Lv 25,10). Este solemne llamamiento debía resonar idealmente en todo el mundo (cf. Lv 25,9), para restablecer la justicia de Dios en distintos ámbitos de la vida: en el uso de la tierra, en la posesión de los bienes, en la relación con el prójimo, sobre todo respecto a los más pobres y a quienes habían caído en desgracia. El sonido del cuerno recordaba a todo el pueblo —al que era rico y al que se había empobrecido— que ninguna persona viene al mundo para ser oprimida; somos hermanos y hermanas, hijos del mismo Padre, nacidos para ser libres según la voluntad del Señor (cf. Lv 25,17.25.43.46.55).

3. También hoy, el Jubileo es un evento que nos impulsa a buscar la justicia liberadora de Dios sobre toda la tierra. Al comienzo de este Año de gracia, en lugar del cuerno nosotros quisiéramos ponernos a la escucha del «grito desesperado de auxilio»[1] que, como la voz de la sangre de Abel el justo, se eleva desde muchas partes de la tierra (cf. Gn 4,10), y que Dios nunca deja de escuchar. También nosotros nos sentimos llamados a ser voz de tantas situaciones de explotación de la tierra y de opresión del prójimo[2]. Dichas injusticias asumen a menudo la forma de lo que san Juan Pablo II definió como «estructuras de pecado»[3], porque no se deben sólo a la iniquidad de algunos, sino que se han consolidado —por así decirlo— y se sostienen en una complicidad extendida.

4. Cada uno de nosotros debe sentirse responsable de algún modo por la devastación a la que está sometida nuestra casa común, empezando por esas acciones que, aunque sólo sea indirectamente, alimentan los conflictos que están azotando la humanidad. Así se fomentan y se entrelazan desafíos sistémicos, distintos pero interconectados, que asolan nuestro planeta[4]. Me refiero, en particular, a las disparidades de todo tipo, al trato deshumano que se da a las personas migrantes, a la degradación ambiental, a la confusión generada culpablemente por la desinformación, al rechazo de toda forma de diálogo, a las grandes inversiones en la industria militar. Son todos factores de una amenaza concreta para la existencia de la humanidad en su conjunto. Por tanto, al comienzo de este año queremos ponernos a la escucha de este grito de la humanidad para que todos, juntos y personalmente, nos sintamos llamados a romper las cadenas de la injusticia y, así, proclamar la justicia de Dios. Hacer algún acto de filantropía esporádico no es suficiente. Se necesitan, por el contrario, cambios culturales y estructurales, de modo que también se efectúe un cambio duradero[5].

II. Un cambio cultural: todos somos deudores

5. El evento jubilar nos invita a emprender diversos cambios, para afrontar la actual condición de injusticia y desigualdad, recordándonos que los bienes de la tierra no están destinados sólo a algunos privilegiados, sino a todos[6]. Puede ser útil recordar lo que escribía san Basilio de Cesarea: «¿Qué cosa, dime, te pertenece? ¿De dónde la has tomado para ponerla en tu vida? […] ¿Acaso no saliste desnudo del vientre de tu madre?, ¿no tornarás desnudo nuevamente a la tierra? Los bienes presentes, ¿de dónde te vienen? Si dices del azar, eres impío, porque no reconoces al Creador, ni das gracias al que te ha dado»[7]. Cuando falta la gratitud, el hombre deja de reconocer los dones de Dios. Sin embargo, el Señor, en su misericordia infinita, no abandona a los hombres que pecan contra Él; confirma más bien el don de la vida con el perdón de la salvación, ofrecido a todos mediante Jesucristo. Por eso, enseñándonos el “Padre nuestro”, Jesús nos invita a pedir: «Perdona nuestras ofensas» (Mt 6,12).

6. Cuando una persona ignora el propio vínculo con el Padre, comienza a albergar la idea de que las relaciones con los demás puedan ser gobernadas por una lógica de explotación, donde el más fuerte pretende tener el derecho de abusar del más débil[8]. Como las élites en el tiempo de Jesús, que se aprovechaban de los sufrimientos de los más pobres, así hoy en la aldea global interconectada[9], el sistema internacional, si no se alimenta de lógicas de solidaridad y de interdependencia, genera injusticias, exacerbadas por la corrupción, que atrapan a los países más pobres. La lógica de la explotación del deudor también describe sintéticamente la actual “crisis de la deuda” que afecta a diversos países, sobre todo del sur del mundo.

7. No me canso de repetir que la deuda externa se ha convertido en un instrumento de control, a través del cual algunos gobiernos e instituciones financieras privadas de los países más ricos no tienen escrúpulos de explotar de manera indiscriminada los recursos humanos y naturales de los países más pobres, a fin de satisfacer las exigencias de los propios mercados[10]. A esto se agrega que diversas poblaciones, más abrumadas por la deuda internacional, también se ven obligadas a cargar con el peso de la deuda ecológica de los países más desarrollados[11]. La deuda ecológica y la deuda externa son dos caras de una misma moneda de esta lógica de explotación que culmina en la crisis de la deuda[12]. Pensando en este Año jubilar, invito a la comunidad internacional a emprender acciones de remisión de la deuda externa, reconociendo la existencia de una deuda ecológica entre el norte y el sur del mundo. Es un llamamiento a la solidaridad, pero sobre todo a la justicia[13].

8. El cambio cultural y estructural para superar esta crisis se realizará cuando finalmente nos reconozcamos todos hijos del Padre y, ante Él, nos confesemos todos deudores, pero también todos necesarios, necesitados unos de otros, según una lógica de responsabilidad compartida y diversificada. Podremos descubrir «definitivamente que nos necesitamos y nos debemos los unos a los otros»[14].

III. Un camino de esperanza: tres acciones posibles

9. Si nos dejamos tocar el corazón por estos cambios necesarios, el Año de gracia del jubileo podrá reabrir la vía de la esperanza para cada uno de nosotros. La esperanza nace de la experiencia de la misericordia de Dios, que es siempre ilimitada[15].

Dios, que no debe nada a nadie, continúa otorgando sin cesar gracia y misericordia a todos los hombres. Isaac de Nínive, un Padre de la Iglesia oriental del siglo VII, escribía: «Tu amor es más grande que mis ofensas. Insignificantes son las olas del mar respecto al número de mis pecados; pero, si pesamos mis pecados, respecto a tu amor, se esfuman como la nada»[16]. Dios no calcula el mal cometido por el hombre, sino que es inmensamente «rico en misericordia, por el gran amor con que nos amó» (Ef 2,4). Al mismo tiempo, escucha el grito de los pobres y de la tierra. Bastaría detenerse un momento, al inicio de este año, y pensar en la gracia con la que cada vez perdona nuestros pecados y condona todas nuestras deudas, para que nuestro corazón se inunde de esperanza y de paz.

10. Por eso Jesús, en la oración del “Padre nuestro”, establece una afirmación muy exigente: «como también nosotros perdonamos a los que nos ofenden», después de que hemos pedido al Padre la remisión de nuestras ofensas (cf. Mt 6,12). Para perdonar una ofensa a los demás y darles esperanza es necesario, en efecto, que la propia vida esté llena de esa misma esperanza que llega de la misericordia de Dios. La esperanza es sobreabundante en la generosidad, no calcula, no exige cuentas a los deudores, no se preocupa de la propia ganancia, sino que tiene como punto de mira un sólo fin: levantar al que está caído, vendar los corazones heridos, liberar de toda forma de esclavitud.

11. Al inicio de este Año de gracia, quisiera, por tanto, sugerir tres acciones que puedan restaurar la dignidad en la vida de poblaciones enteras y volver a ponerlas en camino sobre la vía de la esperanza, para que se supere la crisis de la deuda y todos puedan volver a reconocerse deudores perdonados.

Sobre todo, retomo el llamamiento lanzado por san Juan Pablo II con ocasión del Jubileo del año 2000, de pensar «en una notable reducción, si no en una total condonación, de la deuda internacional, que grava sobre el destino de muchas naciones»[17]. Que, reconociendo la deuda ecológica, los países más ricos se sientan llamados a hacer lo posible para condonar las deudas de esos países que no están en condiciones de devolver lo que deben. Ciertamente, para que no se trate de un acto aislado de beneficencia, que lleve a correr el riesgo de desencadenar nuevamente un círculo vicioso de financiación-deuda, es necesario, al mismo tiempo, el desarrollo de una nueva arquitectura financiera, que lleve a la creación de un Documento financiero global, fundado en la solidaridad y la armonía entre los pueblos.

Además, pido un compromiso firme para promover el respeto de la dignidad de la vida humana, desde la concepción hasta la muerte natural, para que toda persona pueda amar la propia vida y mirar al futuro con esperanza, deseando el desarrollo y la felicidad para sí misma y para sus propios hijos. Sin esperanza en la vida, en efecto, es difícil que surja en el corazón de los más jóvenes el deseo de generar otras vidas. Aquí, en particular quisiera invitar una vez más a un gesto concreto que pueda favorecer la cultura de la vida. Me refiero a la eliminación de la pena de muerte en todas las naciones. Esta medida, en efecto, además de comprometer la inviolabilidad de la vida, destruye toda esperanza humana de perdón y de renovación[18].

Me atrevo también a volver a lanzar otro llamamiento, apelándome a san Pablo VI y a Benedicto XVI[19], para las jóvenes generaciones, en este tiempo marcado por las guerras: utilicemos al menos un porcentaje fijo del dinero empleado en los armamentos para la constitución de un Fondo mundial que elimine definitivamente el hambre y facilite en los países más pobres actividades educativas también dirigidas a promover el desarrollo sostenible, contrastando el cambio climático[20]. Debemos buscar que se elimine todo pretexto que pueda impulsar a los jóvenes a imaginar el propio futuro sin esperanza, o bien como una expectativa para vengar la sangre de sus seres queridos. El futuro es un don para superar los errores del pasado, para construir nuevos caminos de paz.

IV. La meta de la paz

12. Aquellos que emprenderán, por medio de los gestos sugeridos, el camino de la esperanza, podrán ver cada vez más cercana la tan anhelada meta de la paz. El salmista nos confirma en esta promesa: cuando «el Amor y la Verdad se encontrarán, la Justicia y la Paz se abrazarán» (Sal 85,11). Cuando me despojo del arma del préstamo y restituyo la vía de la esperanza a una hermana o a un hermano, contribuyo al restablecimiento de la justicia de Dios en esta tierra y me encamino con esta persona hacia la meta de la paz. Como decía san Juan XXIII, la verdadera paz sólo podrá nacer de un corazón desarmado de la angustia y el miedo de la guerra[21].

13. Que el 2025 sea un año en el que crezca la paz. Esa paz real y duradera, que no se detiene en las objeciones de los contratos o en las mesas de compromisos humanos[22]. Busquemos la verdadera paz, que es dada por Dios a un corazón desarmado: un corazón que no se empecina en calcular lo que es mío y lo que es tuyo; un corazón que disipa el egoísmo en la prontitud de ir al encuentro de los demás; un corazón que no duda en reconocerse deudor respecto a Dios y por eso está dispuesto a perdonar las deudas que oprimen al prójimo; un corazón que supera el desaliento por el futuro con la esperanza de que toda persona es un bien para este mundo.

14. El desarme del corazón es un gesto que involucra a todos, a los primeros y a los últimos, a los pequeños y a los grandes, a los ricos y a los pobres. A veces, es suficiente algo sencillo, como «una sonrisa, un gesto de amistad, una mirada fraterna, una escucha sincera, un servicio gratuito»[23]. Con estos pequeños-grandes gestos, nos acercamos a la meta de la paz y la alcanzaremos más rápido; es más, a lo largo del camino, junto a los hermanos y hermanas reunidos, nos descubriremos ya cambiados respecto a cómo habíamos partido. En efecto, la paz no se alcanza sólo con el final de la guerra, sino con el inicio de un mundo nuevo, un mundo en el que nos descubrimos diferentes, más unidos y más hermanos de lo que habíamos imaginado.

15. ¡Concédenos tu paz, Señor! Esta es la oración que elevo a Dios, mientras envío mis mejores deseos para el año nuevo a los jefes de estado y de gobierno, a los responsables de las organizaciones internacionales, a los líderes de las diversas religiones, a todas las personas de buena voluntad.

Perdona nuestras ofensas, Señor,

como nosotros perdonamos a los que nos ofenden,

y en este círculo de perdón concédenos tu paz,

esa paz que sólo Tú puedes dar

a quien se deja desarmar el corazón,

a quien con esperanza quiere remitir las deudas de los propios hermanos,

a quien sin temor confiesa de ser tu deudor,

a quien no permanece sordo al grito de los más pobres.

Vaticano, 8 de diciembre de 2024

FRANCISCO

____________________

[1] Spes non confundit. Bula de convocación del Jubileo Ordinario del Año 2025 (9 mayo 2024), 8.

[2] Cf. S. Juan Pablo II, Carta ap. Tertio millennio adveniente (10 noviembre 1994), 51.

[3] Carta enc. Sollicitudo rei socialis (30 diciembre 1987), 36.

[4] Cf. Discurso a los participantes en el Encuentro promovido por las Academias Pontificias de las Ciencias y de las Ciencias Sociales (16 mayo 2024).

[5] Cf. Exhort. ap. Laudate Deum (4 octubre 2023), 70.

[6] Cf. Spes non confundit. Bula de convocación del Jubileo Ordinario del Año 2025 (9 mayo 2024), 16.

[7] Homilia de avaritia, 7: PG 31, 275.

[8] Cf. Carta enc. Laudato si’ (24 mayo 2015), 123.

[9] Cf. Catequesis (2 septiembre 2020): L’Osservatore Romano, ed. semanal en lengua española (4 septiembre 2020), p. 12.

[10] Cf. Discurso a los participantes en el Encuentro “Abordando la crisis de deuda en el Sur Global” (5 junio 2024).

[11] Cf. Discurso a la Conferencia de las Partes en la Convención Marco de las Naciones Unidas sobre el Cambio Climático ― COP 28 (2 diciembre 2023).

[12] Cf. Discurso a los participantes en el Encuentro “Abordando la crisis de deuda en el Sur Global” (5 junio 2024).

[13] Cf. Spes non confundit. Bula de convocación del Jubileo Ordinario del Año 2025 (9 mayo 2024), 16.

[14] Carta enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), 35.

[15] Cf. Spes non confundit. Bula de convocación del Jubileo Ordinario del Año 2025 (9 mayo 2024), 23.

[16] Discurso X (Tercera colección), Oración, 100-101: CSCO 638, 115. San Agustín incluso llega a afirmar que Dios no deja de hacerse deudor del hombre: «Porque aunque “tu misericordia es infinita”, tienes a bien hacerte deudor con promesas de aquellos mismos a quienes tú perdonas todas sus deudas» (cf. Confesiones, 5,9,17: PL 32, 714).

[17] Carta ap. Tertio millennio adveniente (10 noviembre 1994), 51.

[18] Cf. Spes non confundit. Bula de convocación del Jubileo Ordinario del Año 2025 (9 mayo 2024), 10.

[19] Cf. S. Pablo VI, Carta enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), 51; Benedicto XVI, Discurso al Cuerpo Diplomático acreditado ante la Santa Sede (9 enero 2006); Íd., Exhort. ap. postsin. Sacramentum caritatis (22 febrero 2007), 90.

[20] Cf. Carta enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), 262; Discurso al Cuerpo Diplomático acreditado ante la Santa Sede (8 enero 2024); Discurso a la Conferencia de las Partes en la Convención Marco de las Naciones Unidas sobre el Cambio Climático ― COP 28 (2 diciembre 2023).

[21] Cf. Carta enc. Pacem in terris (11 abril 1963), 113.

[22] Cf. Conmemoración en el décimo aniversario de la “Invocación a la paz en Tierra Santa” (7 junio 2024).

[23] Spes non confundit. Bula de convocación del Jubileo Ordinario del Año 2025 (9 mayo 2024), 18.

[01987-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Perdoa-nos as nossas ofensas, concede-nos a tua paz

I. Na escuta do grito da humanidade ameaçada

1. Na aurora deste novo ano que nos é dado pelo nosso Pai celeste, um tempo jubilar dedicado à esperança, dirijo os meus mais sinceros votos de paz a cada mulher e a cada homem, especialmente àqueles que se sentem prostrados pela sua condição existencial, condenados pelos seus próprios erros, esmagados pelo julgamento dos outros e já não veem qualquer perspectiva para a sua própria vida. A todos vós, esperança e paz, porque este é um Ano de Graça, que vem do Coração do Redentor!

2. Em 2025, a Igreja Católica celebra o Jubileu, um acontecimento que enche os corações de esperança. O “jubileu” remonta a uma antiga tradição judaica, quando a cada quarenta e nove anos o toque da trombeta (em hebraico: yobel) anunciava um tempo de clemência e de libertação para todo o povo (cf. Lv 25, 10). Este apelo solene deveria ecoar por todo o mundo (cf. Lv 25, 9), a fim de restabelecer a justiça de Deus nos diferentes âmbitos da vida: no uso da terra, na posse dos bens, na relação com o próximo, sobretudo os mais pobres e os que tinham caído em desgraça. O toque da trombeta recordava a todo o povo, aos ricos e a quem tinha empobrecido, que ninguém vem ao mundo para ser oprimido: somos irmãos e irmãs, filhos do mesmo Pai, nascidos para ser livres segundo a vontade do Senhor (cf. Lv 25, 17.25.43.46.55).

3. Também nos dias de hoje, o Jubileu é um acontecimento que nos impele a procurar a justiça libertadora de Deus em toda a terra. Em vez da trombeta, no início deste Ano de Graça, nós gostaríamos de estar atentos ao «desesperado grito de ajuda»[1] que, como a voz do sangue de Abel, o justo, se eleva de muitas partes da terra (cf. Gn 4, 10) e que Deus nunca deixa de escutar. Nós, por nossa vez, sentimo-nos chamados a unir-nos à voz que denuncia tantas situações de exploração da terra e de opressão do próximo[2]. Estas injustiças assumem, por vezes, o aspecto daquilo a que São João Paulo II definiu como «estruturas de pecado»[3], porque não se devem apenas à iniquidade de alguns, mas estão, por assim dizer, enraizadas e contam com uma cumplicidade generalizada.

4. Cada um de nós deve sentir-se, de alguma forma, responsável pela devastação a que a nossa casa comum está sujeita, a começar pelas ações que, mesmo indiretamente, alimentam os conflitos que assolam a humanidade. Assim, fomentam-se e entrelaçam-se os desafios sistémicos, distintos mas interligados, que afligem o nosso planeta[4]. Refiro-me, em particular, às desigualdades de todos os tipos, ao tratamento desumano dispensado aos migrantes, à degradação ambiental, à confusão gerada intencionalmente pela desinformação, à rejeição a qualquer tipo de diálogo e ao financiamento ostensivo da indústria militar. Todos estes são fatores de uma ameaça real à existência de toda a humanidade. No início deste ano, portanto, queremos escutar este grito da humanidade para nos sentirmos chamados, todos nós, juntos e de modo pessoal, a quebrar as correntes da injustiça para proclamar a justiça de Deus. Alguns atos esporádicos de filantropia não serão suficientes. Em vez disso, são necessárias transformações culturais e estruturais, para que possa haver também uma mudança duradoura[5].

II. Uma mudança cultural: somos todos devedores

5. O evento jubilar convida-nos a empreender várias mudanças para enfrentar a atual condição de injustiça e desigualdade, recordando-nos que os bens da terra não se destinam apenas a alguns privilegiados, mas a todos[6]. Pode ser útil recordar o que escreveu São Basílio de Cesareia: «Mas que coisas, diz-me, são tuas? De onde as tiraste para as incluir na tua vida? […] Não saíste totalmente nu do ventre da tua mãe? Não voltarás, de novo, nu para a terra? De onde vem o que tens agora? Se dissesses que te veio por acaso, estarias a negar Deus, a não reconhecer o Criador, e não estarias grato ao Doador»[7]. Quando não há gratidão, o homem deixa de reconhecer os dons de Deus. Mas o Senhor, na sua infinita misericórdia, não abandona os homens que pecam contra Ele: antes, confirma o dom da vida com o perdão da salvação, oferecido a todos mediante Jesus Cristo. Por isso, ensinando-nos o “Pai Nosso”, Jesus convida-nos a pedir: «Perdoa-nos as nossas ofensas» (Mt 6, 12).

6. Quando uma pessoa ignora a própria ligação com o Pai, começa a nutrir um pensamento de que as relações com os outros podem ser regidas por uma lógica de exploração, em que o mais forte pretende ter o direito de prevalecer sobre o mais fraco[8]. Tal como as elites do tempo de Jesus, que se aproveitavam do sofrimento dos mais pobres, também hoje, na aldeia global interligada[9], o sistema internacional, se não for alimentado por uma lógica de solidariedade e interdependência, gera injustiças que, exacerbadas pela corrupção, aprisionam os países pobres. A lógica da exploração do devedor também descreve sucintamente a atual “crise da dívida”, que aflige vários países, especialmente no Sul do planeta.

7. Não me canso de repetir que a dívida externa se tornou um instrumento de controle, através do qual alguns governos e instituições financeiras privadas dos países mais ricos não hesitam em explorar indiscriminadamente os recursos humanos e naturais dos países mais pobres para satisfazer as necessidades dos seus próprios mercados[10]. A isto se acrescenta que várias populações, já sobrecarregadas pela dívida internacional, vejam-se obrigadas a suportar também o peso da dívida ecológica dos países mais desenvolvidos[11]. A dívida ecológica e a dívida externa são dois lados da mesma moeda, desta lógica de exploração que culmina na crise da dívida[12]. Inspirando-me neste ano jubilar, convido a comunidade internacional para que atue no sentido de perdoar a dívida externa, reconhecendo a existência de uma dívida ecológica entre o Norte e o Sul do mundo. É um apelo à solidariedade, mas sobretudo à justiça[13].

8. A mudança cultural e estrutural para superar esta crise ocorrerá quando finalmente reconhecermos que somos todos filhos do mesmo Pai e, perante Ele, confessarmos que somos todos devedores, mas também todos necessários uns aos outros, segundo uma lógica de responsabilidade partilhada e diversificada. Poderemos descobrir, enfim, «que precisamos e somos devedores uns dos outros»[14].

III. Um caminho de esperança: três ações possíveis

9. Se deixarmos que o nosso coração seja tocado por estas necessárias mudanças, o Ano de Graça do Jubileu pode reabrir o caminho da esperança para cada um de nós. A esperança nasce da experiência da misericórdia de Deus, que é sempre ilimitada[15].

Deus, que não deve nada a ninguém, continua a conceder incessantemente graça e misericórdia a todos os homens. Isaque de Nínive, um Padre da Igreja Oriental do século VII, escreveu: «O teu amor é maior do que as minhas dívidas. Pouca coisa são as ondas do mar comparadas com a quantidade dos meus pecados, mas se eu pesar os meus pecados, comparados com o teu amor, eles desaparecem como se nada fossem»[16]. Deus não calcula o mal cometido pelo homem, mas é imensamente «rico em misericórdia, por causa do grande amor com que nos amou» (Ef 2, 4). Ao mesmo tempo, ouve o grito dos pobres e da terra. Bastar-nos-ia parar por um momento, no início deste ano, e pensar na graça com que Ele sempre perdoa os nossos pecados e anistia todas as nossas dívidas, para que o nosso coração se encha de esperança e de paz.

10. Por isso, Jesus, na oração do “Pai Nosso”, depois de termos pedido ao Pai a remissão das nossas ofensas (cf. Mt 6, 12), exigentemente afirma «assim como nós perdoamos a quem nos tem ofendido». Para perdoar uma dívida aos outros e dar-lhes esperança, é preciso que a própria vida esteja cheia dessa mesma esperança que vem da misericórdia de Deus. A esperança é superabundante em generosidade, não é calculista, não olha para a contabilidade dos devedores, não se preocupa com o seu próprio lucro, mas tem um único objetivo: levantar os caídos, curar os quebrantados de coração, libertar de todas as formas de escravidão.

11. Gostaria, portanto, de sugerir, no início deste Ano de Graça, três ações que podem devolver a dignidade à vida de populações inteiras e colocá-las de novo no caminho da esperança, para que a crise da dívida possa ser ultrapassada e todos possam voltar a reconhecer-se como devedores perdoados.

Antes de mais, retomo o apelo lançado por São João Paulo II, por ocasião do Jubileu do ano 2000, para que se pense numa «consistente redução, se não mesmo no perdão total da dívida internacional, que pesa sobre o destino de muitas nações»[17]. Reconhecendo a dívida ecológica, os países mais ricos sentir-se-ão chamados a fazer tudo o que estiver ao seu alcance para perdoar as dívidas dos países que não estão em condições de pagar o que devem. Certamente, para que não se trate de um ato isolado de beneficência, que corre o risco de desencadear de novo um ciclo vicioso de financiamento-dívida, é necessário, ao mesmo tempo, desenvolver uma nova arquitetura financeira que conduza à criação de um acordo financeiro global, baseado na solidariedade e na harmonia entre os povos.

Além disso, faço apelo a um firme compromisso de promover o respeito pela dignidade da vida humana, desde a concepção até à morte natural, para que cada pessoa possa amar a sua vida e olhar para o futuro com esperança, desejando o desenvolvimento e a felicidade para si e para os seus filhos. Com efeito, sem esperança na vida, é difícil que surja no coração dos jovens o desejo de gerar outras vidas. Particularmente neste sentido, gostaria de convidar, uma vez mais, para um gesto concreto que possa favorecer a cultura da vida. Refiro-me à eliminação da pena de morte em todas as nações. Em realidade, esta punição, além de comprometer a inviolabilidade da vida, aniquila toda a esperança humana de perdão e de renovação[18].

Atrevo-me também a lançar um outro apelo às jovens gerações, recordando São Paulo VI e Bento XVI[19], neste tempo marcado pelas guerras: utilizemos pelo menos uma percentagem fixa do dinheiro gasto em armamento para a criação de um fundo mundial que elimine definitivamente a fome e facilite a realização de atividades educativas nos países mais pobres que promovam o desenvolvimento sustentável, lutando contra as alterações climáticas[20]. Devemos tentar eliminar qualquer pretexto que possa levar os jovens a imaginar o seu futuro sem esperança, ou como uma expectativa de vingar o sangue derramado por seus entes queridos. O futuro é um dom que permite ultrapassar os erros do passado e construir novos caminhos de paz.

IV. A meta da paz

12. Aqueles que empreenderem, através dos gestos propostos, o caminho da esperança, poderão ver cada vez mais próximo a tão desejada meta da paz. O Salmista confirma-nos nesta promessa: quando «a verdade e o amor se encontrarão, a justiça e a paz se abraçarão» (Sal 85, 11). Quando me despojo da arma do crédito e devolvo o caminho da esperança a uma irmã ou a um irmão, contribuo para a restauração da justiça de Deus nesta terra e caminhamos juntos para a meta da paz. Como dizia São João XXIII, a verdadeira paz só pode vir de um coração desarmado da ansiedade e do medo da guerra[21].

13. Que 2025 seja um ano em que a paz cresça! Aquela paz verdadeira e duradoura, que não se detém nas querelas dos contratos ou nas mesas dos compromissos humanos[22]. Procuremos a verdadeira paz, que é dada por Deus a um coração desarmado: um coração que não se esforça por calcular o que é meu e o que é teu; um coração que dissolve o egoísmo para se dispor a ir ao encontro dos outros; um coração que não hesita em reconhecer-se devedor de Deus e que, por isso, está pronto para perdoar as dívidas que oprimem o próximo; um coração que supera o desânimo em relação ao futuro com a esperança de que cada pessoa é um bem para este mundo.

14. Desarmar o coração é um gesto que compromete a todos, do primeiro ao último, do pequeno ao grande, do rico ao pobre. Por vezes, é suficiente algo simples como «um sorriso, um gesto de amizade, um olhar fraterno, uma escuta sincera, um serviço gratuito»[23]. Com estes pequenos-grandes gestos, aproximamo-nos da meta da paz, e lá chegaremos mais depressa quanto mais, ao longo do caminho, ao lado dos nossos irmãos e irmãs reencontrados, descobrirmos que já mudámos em relação ao nosso ponto de partida. Com efeito, a paz não vem apenas com o fim da guerra, mas com o início de um mundo novo, um mundo no qual nos descobrimos diferentes, mais unidos e mais irmãos do que poderíamos imaginar.

15. Concede-nos, Senhor, a tua paz! Esta é a oração que elevo a Deus ao dirigir as minhas saudações de Ano Novo aos Chefes de Estado e de Governo, aos Chefes das Organizações Internacionais, aos líderes das diferentes religiões e a todas as pessoas de boa vontade.

Perdoa-nos as nossas ofensas, Senhor,

assim como nós perdoamos a quem nos tem ofendido,

e, neste círculo de perdão, concede-nos a tua paz,

aquela paz que só Tu podes dar

para aqueles que deixam o seu coração desarmado,

para aqueles que, com esperança, querem perdoar as dívidas aos seus irmãos,

para aqueles que confessam sem medo que são vossos devedores,

para aqueles que não ficam surdos ao grito dos mais pobres.

Vaticano, 8 de dezembro de 2024

FRANCISCO

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[1] Spes non confundit. Bula de proclamação do Jubileu Ordinário do ano 2025 (9 de maio de 2024), 8.

[2] Cf. São João Paulo II, Carta Ap. Tertio millennio adveniente (10 de novembro de 1994), 51.

[3] Carta enc. Sollicitudo rei socialis (30 de dezembro de 1987), 36.

[4] Cf. Discurso aos participantes no encontro promovido pelas Pontifícias Academias das Ciências e das Ciências Sociais (16 de maio de 2024).

[5] Cf. Exort. ap. Laudate Deum (4 de outubro de 2023), 70.

[6] Cf. Spes non confundit. Bula de proclamação do Jubileu Ordinário do ano 2025 (9 de maio de 2024), 16.

[7] Homilia de avaritia, 7: PG 31, 275.

[8] Cf. Carta enc. Laudato si’ (24 de maio de 2015), 123.

[9] Cf. Catequese (2 de setembro de 2020): L’Osservatore Romano (ed. semanal em português de 8 de setembro de 2020), 3.

[10] Cf. Discurso aos participantes do Encontro “Debt crisis in the Global South” (5 de junho de 2024).

[11] Cf. Discurso na Conferência dos Estados-Parte na Convenção-Quadro das Nações Unidas sobre as alterações climáticas - COP 28 (2 de dezembro de 2023).

[12] Cf. Discurso aos participantes do Encontro “Debt crisis in the Global South” (5 de junho de 2024).

[13] Cf. Spes non confundit. Bula de proclamação do Jubileu Ordinário do ano 2025 (9 de maio de 2024), 16.

[14] Carta. enc. Fratelli Tutti (3 de outubro de 2020), 35.

[15] Cf. Spes non confundit. Bula de proclamação do Jubileu Ordinário do ano 2025 (9 de maio de 2024), 23.

[16] Sermão X (Terceira Coleção), Oração com a qual se entretêm os solitários, 100-101: CSCO 638, 115. Santo Agostinho chega mesmo a afirmar que Deus não cessa de se fazer devedor ao homem: «Como “eterna é a vossa misericórdia”, dignais-vos, pelas vossas promessas, tornar-vos devedor daqueles a quem perdoais todas as dívidas" (cf. Confessiones, 5,9,17: PL 32, 714).

[17] Carta Ap. Tertio millennio adveniente (10 de novembro de 1994), 51.

[18] Cf. Spes non confundit. Bula de proclamação do Jubileu Ordinário do ano 2025 (9 de maio de 2024), 10.

[19] Cf. São Paulo VI, Carta enc. Populorum progressio (26 de março de 1967), 51; Bento XVI, Discurso ao Corpo Diplomático acreditado junto da Santa Sé (9 de janeiro de 2006); Id., Exort. Ap. pós-sinod. Sacramentum caritatis (22 de fevereiro de 2007), 90.

[20] Cf. Carta enc. Fratelli Tutti (3 de outubro de 2020), 262; Discurso ao Corpo Diplomático Acreditado junto da Santa Sé (8 de janeiro de 2024); Discurso na Conferência dos Estados-Parte na Convenção-Quadro das Nações Unidas sobre as alterações climáticas - COP 28 (2 de dezembro de 2023).

[21] Carta enc. Pacem in Terris (11 de abril de 1963), 113.

[22] Cf. Momento de oração no décimo aniversário da "Invocação pela paz na Terra Santa" (7 de junho de 2024).

[23] Spes non confundit. Bula de proclamação do Jubileu Ordinário do ano 2025 (9 de maio de 2024), 18.

[01987-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Odpuść nam nasze winy, obdarz nas Twoim pokojem

I. Wsłuchując się w wołanie zagrożonej ludzkości

1. U progu tego nowego roku danego nam przez Ojca niebieskiego, czasu jubileuszowego poświęconego nadziei, składam najszczersze życzenia pokoju każdej kobiecie i każdemu mężczyźnie, zwłaszcza tym, którzy czują się przytłoczeni swoją sytuacją życiową, napiętnowani swoimi błędami, zmiażdżeni osądem innych, i nie widzą już jakiejkolwiek perspektywy dla swojego życia. Nadzieja i pokój wam wszystkim, ponieważ jest to Rok Łaski, która wypływa z Serca Odkupiciela!

2. W 2025 roku Kościół Katolicki obchodzi Jubileusz, wydarzenie, które napełnia serca nadzieją. „Jubileusz” wywodzi się ze starożytnej tradycji żydowskiej, kiedy to dźwięk baraniego rogu (po hebrajsku yobel) co czterdzieści dziewięć lat zwiastował łaskę i wyzwolenie dla całego ludu (por. Kpł 25, 10). To uroczyste wezwanie miało w zamyśle rozbrzmiewać na całym świecie (por. Kpł 25, 9), aby przywrócić Bożą sprawiedliwość w różnych dziedzinach życia: w użytkowaniu ziemi, w posiadaniu dóbr, w relacjach z bliźnimi, zwłaszcza wobec najuboższych i tych, którzy popadli w niełaskę. Dźwięk rogu przypominał całemu ludowi, tym, którzy byli bogaci i tym, którzy byli zubożali, że nikt nie przychodzi na świat, aby być uciskanym: jesteśmy braćmi i siostrami, dziećmi tego samego Ojca, urodzonymi, aby być wolnymi, zgodnie z wolą Pana (por. Kpł 25,17.25.43.46.55).

3. Również dzisiaj Jubileusz jest wydarzeniem, które pobudza nas do poszukiwania wyzwalającej sprawiedliwości Bożej na całej ziemi. W miejsce rogu, na początku tego Roku Łaski, zechciejmy wsłuchać się w „rozpaczliwe wołanie o pomoc”[1], które, jak głos krwi sprawiedliwego Abla, wznosi się z wielu zakątków ziemi (por. Rdz 4, 10), a którego Bóg nigdy nie przestaje słuchać. My z kolei czujemy się wezwani, by stać się głosem w bardzo wielu sytuacjach wyzysku ziemi i ucisku bliźniego[2]. Takie niesprawiedliwości św. Jan Paweł II nazywał „strukturami grzechu”[3], ponieważ wynikają one nie tylko z nieprawości nielicznych, lecz niejako zakorzeniły się i opierają się na szerokim współudziale.

4. Każdy z nas musi czuć się w jakiś sposób odpowiedzialny za dewastację, na jaką narażony jest nasz wspólny dom, poczynając od tych działań, które, nawet choćby tylko pośrednio, podsycają konflikty targające ludzkością. W ten sposób wzniecane są i przeplatają się ze sobą, odrębne, ale wzajemnie powiązane wyzwania systemowe, które nękają naszą planetę[4]. Mam na myśli w szczególności wszelkiego rodzaju nierówności, nieludzkie traktowanie migrantów, degradację środowiska, zamęt karygodnie wywołany przez dezinformację, odrzucenie jakiegokolwiek dialogu i znaczne finansowanie przemysłu zbrojeniowego. Wszystkie te czynniki stanowią realne zagrożenie dla istnienia całej ludzkości. Dlatego na początku tego roku chcemy wsłuchać się w wołanie ludzkości, abyśmy wszyscy, razem i osobiście, poczuli się wezwani do zerwania łańcuchów niesprawiedliwości, aby głosić Bożą sprawiedliwość. Kilka epizodycznych aktów filantropii nie wystarczy. Trzeba natomiast zmian kulturowych i strukturalnych, aby mogła także nastąpić trwała zmiana[5].

II. Przemiana kulturowa: wszyscy jesteśmy dłużnikami

5. Wydarzenie jubileuszowe zachęca nas do podjęcia szeregu zmian, aby stawić czoła obecnemu stanowi niesprawiedliwości i nierówności, przypominając nam, że dobra ziemi są przeznaczone nie tylko dla nielicznych uprzywilejowanych, lecz dla wszystkich[6]. Przydatne może być przypomnienie tego, co napisał św. Bazyli z Cezarei: „Co jest twoje, powiedz mi? Skądeś to wziął i przyniósł do domu? (…) Czy nie nagi wyszedłeś z łona matki? Nie nagi powrócisz znów do ziemi? A skąd pochodzi to, co masz? Jeśli powiesz, że z zrządzenia losu, toś bezbożnik, co nie zna Stworzyciela, ani nie poczuwa się do wdzięczności wobec Dawcy”[7]. Kiedy brakuje wdzięczności, człowiek nie rozpoznaje już Bożych darów. Jednak w swoim nieskończonym miłosierdziu Pan nie opuszcza ludzi, którzy grzeszą przeciwko Niemu: raczej dar życia potwierdza przebaczeniem zbawienia, ofiarowanym wszystkim przez Jezusa Chrystusa. Dlatego, ucząc nas „Ojcze nasz”, Jezus zachęca nas, abyśmy prosili: „Odpuść nam nasze winy” (Mt 6, 12).

6. Kiedy osoba lekceważy swoją więź z Ojcem, zaczyna dojrzewać w niej myśl, że relacje z innymi mogą rządzić się logiką wyzysku, w której najsilniejsi roszczą sobie prawo do panowania nad najsłabszymi[8]. Podobnie jak w czasach Jezusa elity czerpały zyski z cierpienia najuboższych, tak też i dzisiaj, w globalnej wiosce, gdzie wszystko jest ze sobą wzajemnie powiązane[9], system międzynarodowy, jeśli nie jest oparty na logice solidarności i współzależności, rodzi niesprawiedliwości, zaostrzone przez korupcję, które zamykają w pułapce kraje ubogie. Logika wyzysku dłużnika zwięźle opisuje również obecny „kryzys zadłużenia”, który uderza w wiele krajów, zwłaszcza globalnego Południa.

7. Niestrudzenie powtarzam, że dług zagraniczny stał się narzędziem kontroli, za pomocą którego niektóre rządy i prywatne instytucje finansowe krajów najbogatszych, bez skrupułów wykorzystują zasoby ludzkie i naturalne krajów najuboższych, w celu zaspokojenia potrzeb swoich rynków[10]. Dodajmy do tego fakt, że ludność niektórych krajów, już obciążona długiem międzynarodowym, jest zmuszana do dźwigania ciężaru długu ekologicznego krajów bardziej rozwiniętych[11]. Dług ekologiczny i dług zagraniczny to dwie strony tego samego medalu, logiki wyzysku, której kulminacją jest kryzys zadłużenia[12]. Nawiązując do tego roku jubileuszowego, zachęcam wspólnotę międzynarodową do podjęcia działań, w celu umorzenia długu zagranicznego, uznając istnienie długu ekologicznego między Północą a Południem świata. Jest to apel o solidarność, ale przede wszystkim o sprawiedliwość[13].

8. Przemiana kulturowa i strukturalna, która pozwoli przezwyciężyć ten kryzys, nastąpi, gdy w końcu uznamy, że wszyscy jesteśmy dziećmi Ojca i wyznamy przed Nim, że wszyscy jesteśmy dłużnikami, ale także wszyscy jesteśmy sobie nawzajem potrzebni, zgodnie z logiką wspólnej i zróżnicowanej odpowiedzialności. Będziemy mogli odkryć „raz na zawsze, że potrzebujemy siebie nawzajem i jesteśmy dłużnikami jedni drugich”[14].

III. Droga nadziei: trzy możliwe działania

9. Jeśli pozwolimy, by nasze serca zostały poruszone przez te konieczne przemiany, to Rok Łaski Jubileuszu będzie mógł na nowo otworzyć drogę nadziei dla każdego z nas. Nadzieja rodzi się z doświadczenia Bożego miłosierdzia, które jest zawsze nieograniczone[15].

Bóg, który nikomu nic nie jest winien, nieustannie obdarza wszystkich ludzi łaską i miłosierdziem. Izaak z Niniwy, Ojciec Kościoła Wschodniego z VII wieku, napisał: „Twoja miłość jest większa od moich win. Fale, które są w oceanie, są mniej liczne, niż liczba moich grzechów. Lecz jeśli położyć je na szali z Twoją miłością, znikają jak nicość”[16]. Bóg nie wylicza zła popełnionego przez człowieka, ale jest niezmiernie „bogaty w miłosierdzie, przez wielką swą miłość, jaką nas umiłował” (Ef 2, 4). Jednocześnie wysłuchuje wołania ubogich i ziemi. Wystarczy, na początku tego roku, zatrzymać się na chwilę i pomyśleć o łasce, z jaką za każdym razem przebacza nam grzechy i odpuszcza wszystkie nasze winy, aby nasze serca ogarnęła nadzieja i pokój.

10. Dlatego Jezus w modlitwie „Ojcze nasz” formułuje bardzo wymagające wezwanie: „jako i my odpuszczamy naszym winowajcom” po tym, jak poprosiliśmy Ojca o odpuszczenie naszych win (por. Mt 6, 12). Aby przebaczyć winę innym i dać im nadzieję, nasze życie musi być wypełnione tą samą nadzieją, która pochodzi z Bożego miłosierdzia. Nadzieja jest przeobfita w wielkoduszność, pozbawiona wyrachowania, nie robi dłużnikom rachunków w kieszeni, nie martwi się o własny zysk, ale ma na uwadze tylko jeden cel: podnieść tego, który upadł, opatrzyć serca złamane, wyzwolić z wszelkich form zniewolenia.

11. Chciałbym zatem na początku tego Roku Łaski zasugerować trzy działania, które mogą przywrócić godność życiu całych społeczeństw i skierować je na drogę nadziei, tak aby mógł zostać przezwyciężony kryzys zadłużenia, a wszyscy mogli ponownie uznać się za dłużników, którym darowano [dług].

Podejmuję przede wszystkim apel wystosowany przez św. Jana Pawła II z okazji Roku Jubileuszowego 2000, aby przemyśleć „sprawę redukcji, jeśli nie całkowitej likwidacji zadłużenia międzynarodowego, które ciąży na losach wielu narodów”[17]. Uznając dług ekologiczny, zamożniejsze kraje powinny poczuć się wezwane do uczynienia wszystkiego, co w ich mocy, aby umorzyć długi tym krajom, które nie są w stanie spłacić swoich zobowiązań. Oczywiście, aby nie był to odosobniony akt dobroczynności, który grozi ponownym uruchomieniem błędnego cyklu finansowania i zadłużenia, potrzebujemy jednocześnie rozwoju nowej architektury finansowej, prowadzącej do stworzenia globalnej Karty finansowej, opartej na solidarności i zgodzie między narodami.

Ponadto, wzywam do zdecydowanego zaangażowania w promowanie poszanowania godności ludzkiego życia, od poczęcia do naturalnej śmierci, tak aby każda osoba mogła miłować swoje życie i patrzeć w przyszłość z nadzieją, pragnąc rozwoju i szczęścia dla siebie i swoich dzieci. Bez nadziei na życie trudno jest bowiem wzbudzić w sercach młodych pragnienie rodzenia innych istnień. W tym miejscu, szczególnie, chciałbym ponownie wezwać do konkretnego gestu, który mógłby sprzyjać kulturze życia. Mam na myśli zniesienie kary śmierci we wszystkich krajach. Środek ten bowiem, oprócz tego, że godzi w nienaruszalność życia, unicestwia wszelką ludzką nadzieję na przebaczenie i odnowę[18].

Ośmielam się również podjąć na nowo inny apel, odwołując się do św. Pawła VI i Benedykta XVI[19], do młodszych pokoleń, w tym czasie naznaczonym wojnami: przeznaczmy przynajmniej jeden procent pieniędzy wydawanych na zbrojenia dla utworzenia światowego Funduszu, który definitywnie wyeliminowałby głód i ułatwił działania edukacyjne w krajach najuboższych, mające na celu promowanie zrównoważonego rozwoju, przeciwdziałając zmianom klimatycznym[20]. Powinniśmy starać się wyeliminować wszelkie preteksty, które mogłyby skłonić młodych ludzi do wyobrażania sobie własnej przyszłości bez nadziei lub jako oczekiwania pomszczenia krwi swoich bliskich. Przyszłość jest darem, aby wyjść poza błędy przeszłości i budować nowe drogi pokoju.

IV. Cel, którym jest pokój

12. Ci, którzy poprzez sugerowane gesty podejmą drogę nadziei, będą mogli zobaczyć coraz bliżej upragniony cel, jakim jest pokój. Psalmista utwierdza nas w tej obietnicy: kiedy „łaskawość i wierność spotkają się z sobą, ucałują się sprawiedliwość i pokój” (Ps 85, 11). Kiedy ogałacam się z broni kredytu i daję na nowo siostrze lub bratu drogę nadziei, przyczyniam się do przywrócenia Bożej sprawiedliwości na tej ziemi i kroczę z tą osobą do celu, jakim jest pokój. Jak mówił św. Jan XXIII, prawdziwy pokój może pochodzić tylko z serca rozbrojonego z niepokoju i z lęku przed wojną[21].

13. Niech rok 2025 będzie tym rokiem, w którym będzie rozwijał się pokój! Taki prawdziwy i trwały pokój, który nie poprzestaje na kruczkach umów lub stołach ludzkich kompromisów[22]. Dążmy do prawdziwego pokoju, który jest darowany przez Boga sercu rozbrojonemu: sercu, które nie wylicza, co jest moje, a co twoje; sercu, które przezwycięża egoizm, aby być gotowym do wyjścia naprzeciw innym; sercu, które nie waha się uznać siebie za dłużnika wobec Boga i dlatego jest gotowe odpuścić długi, które przygniatają bliźniego; sercu, które przezwycięża zniechęcenie na myśl o przyszłości, z nadzieją, że każda osoba jest bogactwem dla tego świata.

14. Rozbrojenie serca jest gestem, który angażuje wszystkich, od pierwszych do ostatnich, od maluczkich do wielkich, od bogatych do ubogich. Czasami wystarczy coś tak prostego jak „uśmiech, gest przyjaźni, braterskie spojrzenie, szczere wysłuchanie, bezinteresowna posługa”[23]. Poprzez te małe-wielkie gesty zbliżamy się do celu, jakim jest pokój, i dotrzemy tam tym szybciej, im bardziej – na drodze, u boku naszych odnalezionych braci i sióstr – odkryjemy, że już się zmieniliśmy w porównaniu z tym, jakimi byliśmy zaczynając. Pokój nie nadchodzi bowiem jedynie wraz z końcem wojny, ale z początkiem nowego świata, świata, w którym odkrywamy siebie odmienionych, bardziej zjednoczonych i bardziej braćmi, niż sobie wyobrażaliśmy.

15. Panie, obdarz nas swoim pokojem! To jest modlitwa, którą wznoszę do Boga składając noworoczne życzenia Głowom Państw i Rządów, Szefom Organizacji międzynarodowych, Przywódcom różnych religii, każdemu człowiekowi dobrej woli.

Panie, odpuść nam nasze winy,

jako i my odpuszczamy naszym winowajcom,

i w tym kręgu przebaczenia obdarz nas swoim pokojem,

tym pokojem, który jedynie Ty możesz dać

temu, który pozwala rozbroić swe serce,

temu, który z nadzieją chce darować długi swoim braciom,

temu, który bez lęku wyznaje, że jest Twoim dłużnikiem,

temu, który nie pozostaje głuchy na wołanie najuboższych.

Watykan, dnia 8 grudnia 2024 r.

FRANCISZEK

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[1] Spes non confundit. Bulla Ogłaszająca Jubileusz Zwyczajny Roku 2025 (9 maja 2024), 8.

[2] Por. Św. Jan Paweł II, List apost. Tertio millennio adveniente (10 listopada 1994), 51.

[3] Enc. Sollicitudo rei socialis (30 grudnia 1987), 36.

[4] Por. Discorso ai partecipanti all’Incontro promosso dalle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali (16 maja 2024).

[5] Por. Adhort. apost. Laudate Deum (4 października 2023), 70.

[6] Por. Spes non confundit. Bulla Ogłaszająca Jubileusz Zwyczajny Roku 2025 (9 maja 2024), 16.

[7] Homilia o chciwości, 7, w: Wybór homilij i kazań, tłum. Tadeusz Sinko, Kraków 1947, s. 65.

[8] Por. Enc. Laudato si’ (24 maja 2015), 123.

[9] Por. Katecheza (2 września 2020): L’Osservatore Romano, wyd. polskie, n. 10 (426)/2020, s. 16.

[10] Por. Discorso ai partecipanti all’Incontro “Debt Crisis in the Global South” (5 czerwca 2024).

[11] Por. Przemówienie do Konferencji Państw Stron Ramowej Konwencji Narodów Zjednoczonych w sprawie zmian klimatu (COP 28) (2 grudnia 2023): L’Osservatore Romano, wyd. polskie, n. 12 (458)/2023, s. 23.

[12] Por. Discorso ai partecipanti all’Incontro “Debt Crisis in the Global South” (5 czerwca 2024).

[13] Por. Spes non confundit. Bulla Ogłaszająca Jubileusz Zwyczajny Roku 2025 (9 maja 2024), 16.

[14] Enc. Fratelli tutti (3 października 2020), 35.

[15] Por. Spes non confundit. Bulla Ogłaszająca Jubileusz Zwyczajny Roku 2025 (9 maja 2024), 23.

[16] Izaak z Niniwy, Mowy, Zbiór trzeci, Mowa X, tłum. Marcin Jan Janecki, Warszawa 2023, s. 132; CSCO 638, 115. Św. Augustyn posuwa się nawet do stwierdzenia, że Bóg nigdy nie przestaje czynić siebie dłużnikiem człowieka: „Ponieważ miłosierdzie Twoje trwa na wieki, raczysz przez swe obietnice stawać się dłużnikiem tych, którym wszystkie ich długi odpuszczasz” (Wyznania, V,9,17: PL 32, 714).

[17] List. apost. Tertio millennio adveniente (10 listopada 1994), 51.

[18] Por. Spes non confundit. Bulla Ogłaszająca Jubileusz Zwyczajny Roku 2025 (9 maja 2024), 10.

[19] Por. Św. Paweł VI, Enc. Populorum progressio (26 marca 1967), 51; Benedykt XVI, Przemówienie do korpusu dyplomatycznego akredytowanego przy Stolicy Apostolskiej, 9 stycznia 2006; Tenże, Posynodalna adhort, apost. Sacramentum caritatis (22 lutego 2007), 90.

[20] Por. Enc. Fratelli tutti (3 października 2020), 262; Przemówienie do korpusu dyplomatycznego akredytowanego przy Stolicy Apostolskiej (8 stycznia 2024); Przemówienie do Konferencji Państw Stron Ramowej Konwencji Narodów Zjednoczonych w sprawie zmian klimatu (COP 28) (2 grudnia 2023).

[21] Por. Enc. Pacem in terris (11 kwietnia 1963), 113.

[22] Chwila modlitwy w dziesiątą rocznicę „Spotkania modlitewnego w intencji pokoju w Ziemi Świętej”, 7 czerwca 2024.

[23] Spes non confundit. Bulla Ogłaszająca Jubileusz Zwyczajny Roku 2025 (9 maja 2024), 18.

[01987-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

رسالة قداسة البابا

فرنسيس

في اليوم العالمي الثَّامن والخمسين للسَّلام

الأوَّل من كانون الثَّاني/يناير 2025

أَعْفِنا مِمَّا علَينا، وامنحنا سلامك

I. الإصغاء إلى صراخ الإنسانيَّة المهدَّدة

1. في فجر هذه السّنة الجديدة الّتي منحنا إيّاها الآب السّماوي، وهي سنة اليوبيل المخصّصة للرّجاء، أُوجِّه أصدق تمنّياتي بالسّلام لكلّ رجل وامرأة، لا سيِّما إلى الّذين يشعرون بأنّهم منهكون في ظروفهم الحياتيّة، أو يرزحون تحت الشّعور بثقل أخطائهم، أو يشعرون بالانسحاق بسبب أحكام الآخرين، ولا يستطيعون أن يروا أيّ أفق في حياتهم. أتمنّى لكم جميعًا، الرّجاء والسّلام، لأنّ هذه هي سنة النّعمة الّتي تأتي من قلب الفادي.

2. في سنة 2025، تحتفل الكنيسة الكاثوليكيّة باليوبيل، وهو حدث يملأ القلوب بالرّجاء. ”اليوبيل“ يعود إلى تقليد يهوديّ قديم، حيث كان صوت بوق الكباش يُعلِن، كلّ تسعة وأربعين سنة، الرّحمةَ والتّحرير لكلّ الشّعب (راجع الأحبار 25، 10). كان يُفتَرَض أن يتردَّد هذا النّداء الرّسمي في جميع أنحاء العالم (راجع الأحبار 25، 9)، لإعادة إرساء عدل الله في مختلف مجالات الحياة: في استخدام الأرض، وفي امتلاك الخيرات، وفي العلاقات مع القريب، خاصّة تجاه أشدّ النّاس فقرًا والّذين حلَّتْ بهم المصائب. كان صوت البوق يُذكِّر كلّ الشّعب، الغنيّ والفقير، بأنّه لا أحد جاء إلى العالم ليُكون مضطَهَدًا ومظلومًا: نحن إخوة وأخوات، أبناء الآب الواحد، وُلِدنا لنكون أحرارًا وفقًا لمشيئة الله (راجع الأحبار 25، 17. 25. 43. 46. 55).

3. حتّى اليوم، اليوبيل هو حدثٌ يدفعنا إلى البحث عن عدل الله المحرِّر في كلّ الأرض. بدلًا من صوت البوق، في بداية سنة النّعمة هذه، نودّ أن نصغي إلى "الصّراخ اليائس"[1] الّذي يرتفع من مختلف أنحاء الأرض، مثل صوت دم هابيل البارّ (راجع تكوين 4، 10) والّذي لا يتوقّف الله أبدًا عن سماعه. من جانبنا، نشعر أنّنا مدعوّون إلى أن نكون صوتًا لمختلف حالات استغلال الأرض وظلم القريب.[2] هذه المظالم تتّخذ أحيانًا الشّكل الّذي وصفه القدّيس البابا يوحنّا بولس الثّاني بـ "الخطيئة في بُنَى المجتمع"[3]، لأنّها ليست فقط نتيجة إثمِ البعض، بل هي متأصّلة في دعم وتواطؤٍ واسع النّطاق.

4. يجب أن يشعر كلّ واحد منّا أنّه مسؤول بطريقة أو بأخرى عن الدّمار الّذي يتعرَّض له بيتنا المشترك، بدءًا من الأعمال الّتي تغذّي الصّراعات الّتي تعصف بالبشريّة، ولو بشكل غير مباشر. ولهذا تتكاثر وتتشابك التّحدّيات المنظّمة، المتميّزة بعضها عن بعض، والمترابطة، في الوقت نفسه، والّتي يعاني منها كوكبنا.[4] وأشير خصوصًا إلى عدم المساواة بجميع أنواعها، والمعاملة اللاإنسانيّة تجاه المهاجرين، والتّدهور البيئيّ، والبلبلة النّاتجة عن التّضليل المقصود، ورفض أيّ نوع من الحوار، والتّمويل الهائل للصّناعة العسكريّة. هذه كلّها عوامل تشكّل تهديدًا حقيقيًّا لحياة كلّ البشريّة. مع بداية هذه السّنة، نريد أن نصغي إلى صراخ الإنسانيّة هذا، لنشعر بأنّنا مدعوّون كلّنا، أفرادًا وجماعات، لتحطيم سلاسل الظّلم وإعلان عدل الله. ولن تكفي بعض الأعمال الخيريّة من حين إلى آخر. بل هناك حاجة إلى تغييرات ثقافيّة وهيكليّة لتحقيق تغيير دائم.[5]

II. تغيير ثقافيّ: نحن جميعًا مدينون

5. يدعونا حدث اليوبيل إلى أن نقوم بتغييرات متعدّدة لمواجهة وضع الظّلم وعدم المساواة الّذي نحن فيه، فنتذكّر أنّ ”خيرات الأرض ليست مخصّصة لبعض المميَّزين على غيرهم، بل هي للجميع“[6]. قد يكون من المفيد أن نتذكّر ما كتبه القدّيس باسيليوس من قيصريّة: "قُل لي، ما هي الأشياء الّتي لك؟ من أين أخذتها لتدخلها في حياتك؟ [...] ألم تخرج عاريًا من بطن أمّك؟ ألن تعود عاريًا مرّة أخرى إلى الأرض؟ من أين أتتك الأشياء الّتي تملكها الآن؟ إن قلت إنّها جاءت من الصّدفة، فأنت تنكر الله، ولا تعترف بالخالق، ولن تكون شاكرًا لله المعطي"[7]. عندما يغيب الشّكر وعرفان الجميل، الإنسان لا يعترف بعطايا الله. ومع ذلك، الله، في رحمته اللامتناهية، لا يتخلَّى عن البشر الّذين يخطئون ضدّه، بل يؤكّد على عطيّة الحياة بمغفرة الخلاص الّتي يقدّمها للجميع بيسوع المسيح. لذلك يدعونا يسوع، لمَّا علّمنا ”صلاة الأَبَانَا“، إلى أن نسأله فنقول: "أَعْفِنا مِمَّا علَينا" (متّى 6، 12).

6. عندما يتجاهل الإنسان ارتباطه بالآب، يبدأ بالاعتقاد بأنّ العلاقات مع الآخرين يمكن أن يحكمها منطق الاستغلال، حيث يدّعي الأقوى أنّ له الحقّ في ظلم الضّعيف.[8] مثل النّخبة في زمن يسوع، الّتي كانت تستفيد من آلام أشدّ النّاس فقرًا، كذلك اليوم في القريَة العالميّة المترابطة بعضها مع بعض[9]، يولِّد النّظام الدّولي، ما لم يُغذَّ بعقليّة التّضامن والتّرابط، مظالم تتفاقم مع الفساد، وتسحق البلدان الفقيرة. إنّ منطق استغلال المدينين يصف بإيجاز ”أزمة الدّيون“ الحاليّة، الّتي تعاني منها البلدان المختلفة، وخاصّة في جنوب العالم.

7. لا أتعب من التّكرار بأنّ الدّيون الخارجيّة صارت أداة للسّيطرة، حيث لا تتردّد من خلالها بعض الحكومات والمؤسّسات الماليّة الخاصّة في الدّول الغنيّة في استغلال الموارد البشريّة والطّبيعيّة للدّول الفقيرة بشكل عشوائيّ لتلبية احتياجات أسواقها.[10] يضاف إلى ذلك أنّ الشّعوب العديدة، الّتي تُثقِلُها الدّيون الدّوليّة، تضطرّ أيضًا إلى تحمُّل عبء الدَّين البيئيّ للدّول المتقدّمة.[11] إنّ الدَّين البيئي والدَّين الخارجيّ هما وجهان لعملة واحدة، وفقًا لمنطق الاستغلال الّذي يبلغ قمّته في أزمة الدّيون.[12] انطلاقًا من سنة اليوبيل هذه، أدعو المجتمع الدّولي إلى اتّخاذ الخطوات اللازمة لإلغاء الدّيون الخارجيّة، والاعتراف بوجود دَين بيئيّ بين الشّمال والجنوب في العالم. إنّه نداء للتّضامن، ولكن بشكل خاصّ للعدل.[13]

8. سيَحدث التّغيير الثّقافي والهيكليّ لتجاوز هذه الأزمة عندما نعترف جميعًا أخيرًا بأنّنا أبناءُ الآب، وأمامه نعترف بأنّنا جميعًا مدينون، وأنّنا أيضًا جميعًا كلّ واحد منّا ضروريٌّ للآخر، وفقًا لمنطق المسؤوليّة المشترك والمتميِّز. يمكننا أن نكتشف "بشكل قاطع أنّنا محتاجون ومدينون بعضنا لبعض[14].

III. مسيرة رجاء: ثلاث خطوات ممكنة

9. إن سمحنا لهذه التّغييرات الضّروريّة بأن تمسّ قلوبنا، يمكن لسنة النّعمة في اليوبيل أن تفتح من جديد طريق الرّجاء لكلّ واحد منّا. الرّجاء يُولد من خبرتنا لرحمة الله، الّتي لا حدّ لها أبدًا.[15]

الله، الّذي لا يَدين لأحد بشيء، يستمرّ في منح النّعمة والرّحمة للبشر جميعًا، وبلا انقطاع. كتب إسحاق من نينوى، وهو أحد آباء الكنيسة الشّرقيّة في القرن السّابع، ما يلي: "محبّتك أكبر من ديوني. أمواج البحر هي لا شيء مقارنةً بعدد خطاياي، ولكن إن وزَنّا خطاياي مقابل محبّتك، تلاشت خطاياي وكأنّها لا شيء"[16]. الله لا يحسب الشّرّ الّذي ارتكبه الإنسان، بل هو بشكل كبير "واسِع الرَّحمَة، لِحُبِّه الشَّديدِ الَّذي أَحَبَّنا بِه" (أفسس 2، 4). وفي الوقت نفسه، يسمع صراخ الفقراء والأرض. يكفي أن نتوقّف لحظة، في بداية هذه السّنة، ونفكّر في النّعمة الّتي بها يغفر الله في كلّ مرّة خطايانا ويعفو عن كلّ ديوننا، لكي يمتلئ قلبنا بالرّجاء والسّلام.

10. لهذا السّبب، وضع يسوع، في ”صلاة الأَبَانَا“، هذه العبارة، وفيها إلزام شديد: "كما أَعْفَينا نَحنُ أَيضًا مَن لنا عَلَيه" بعد أن طلبنا من الآب أن يعفِيَنا مِمَّا علَينا (راجع متّى 6، 12). في الواقع، لكي نعفي دَيْنَ الآخرين ونعطيهم الرّجاء، يجب أن تكون حياتنا ممتلئة بالرّجاء نفسه الّذي يأتي من رحمة الله. الرّجاء هو عطاء بسخاء وبوفرة، ومن دون حساب، ولا يتفحّص جيوب المَدِينِين، ولا يهتمّ بمكاسبه الخاصّة، بل يسعى إلى هدف واحد: أن يُقيم من سَقَط، ويُداوي القلوب المنسحقة، ويحرّر النّاس من أيّ نوع من أنواع العبوديّة.

11. لذلك، أودّ، في بداية سنة النّعمة هذه، أن اقترح ثلاثة أعمالٍ يمكنها أن تُعيد الكرامة إلى حياة شعوب بأكملها، وتضعها من جديد في مسيرة على طريق الرّجاء، حتّى يتجاوزوا أزمة الدّيون، ويستطيعوا كلّهم أن يعودوا من جديد فيعترفوا بأنّهم مخطئون ومدينون وأنّ الله غفر خطاياهم.

أوّلًا، أستذكر النّداء الّذي أطلقه القدّيس البابا يوحنّا بولس الثّاني في مناسبة اليوبيل لسنة 2000، للتّفكير في "التّخفيض الكبير، إن لم يكن الإعفاء الكامل، للدّيون الدّوليّة الّتي تُثقل مصير دولٍ كثيرة"[17]. مع اعترافنا بالدَّين الإيكولوجي، يجب على الدّول الغنيّة أن تشعر بأنّها مدعوّة إلى أن تعمل كلّ ما بوسعها لكي تعفي ديون الدّول الّتي لا تستطيع أن تسدّد ما عليها. بالتّأكيد، هذا الأمر يجب ألّا يكون عمل إحسان مُنفرد، قد يؤدّي إلى إشعال دوّامة جديدة من الدّيون، بل يحتاج في الوقت نفسه إلى تطوير هيكليّة ماليّة جديدة، تؤدّي إلى إنشاء ميثاق ماليّ عالميّ، قائم على التّضامن والانسجام بين الشّعوب.

بالإضافة إلى ذلك، أطلب التزامًا ثابتًا لتعزيز احترام كرامة الحياة البشريّة، من لحظة الحمل حتّى الوفاة الطّبيعيّة، حتّى يستطيع كلّ شخص أن يحبّ حياته وينظر إلى المستقبل برجاء، فيطلب التّطوّر والسّعادة لنفسه ولأبنائه. في الواقع، من دون الرّجاء في الحياة، من الصّعب أن تظهر في قلوب الشّباب الرّغبة في إنجاب أجيال جديدة. هنا، وبشكلٍ خاصّ، أودّ من جديد أن أدعو إلى خطوة عمليّة يمكنها أن تعزّز ثقافة الحياة. أعني إلغاء عقوبة الإعدام في الدّول كلّها. فهذا الإجراء، بالإضافة إلى أنّه اعتداء على حُرمة الحياة، إنّما يقضي أيضًا على كلّ رجاءٍ إنسانيّ في المغفرة والتجدّد.[18]

أودُّ أيضًا أن أعلن نداءً آخر، واستند إلى القدّيس البابا بولس السّادس والبابا بندكتس السّادس عشر[19]، من أجل الأجيال الشّابة في هذا الزّمن المليء بالحروب: لنخصّص على الأقلّ نسبة ثابتة من الأموال الّتي تُنفق على الأسلحة لإنشاء صندوق عالميّ، يقضي على الجوع نهائيًّا، ويعزّز، في أفقر الدّول، الأنشطة التّربويّة والتّنمية المستدامة بشكل أسهل، ويحدّ من التّغيّر المناخيّ.[20] يجب أن نحاول أن نقضي على أيّ ذريعة يمكنها أن تدفع الشّباب إلى تصوّر مستقبلهم بلا رجاء، أو أنّه مرحلة للانتقام لدماء أحبّائهم. المستقبل هو عطيّة لكي نذهب إلى أبعد من أخطائنا الّتي ارتكبناها في الماضي، ولكي نبني مسارات سلامٍ جديدة.

IV. هدف السّلام

12. الّذين سيقومون بمسيرة الرّجاء، بالخطوات الّتي تمّ اقتراحها، يمكنهم أن يروا هدف السّلام المنشود يزداد قربًا. يؤكّد لنا صاحب المزامير هذا الوعد بقوله: "الرَّحمَةُ والحَقُّ تَلاقَيا، البِرُّ والسَّلامُ تَعانَقا" (المزمور 85، 11). عندما أتخلّى عن سلاح الدّيون المستحقّة وأفتح طريق الرّجاء لأخت أو أخ، إذّاك أساهم في تحقيق عدل الله على هذه الأرض وأسير مع هؤلاء الإخوة نحو هدف السّلام. كما قال القدّيس البابا يوحنّا الثالث والعشرون، ”إنّ السّلام الحقيقيّ لا يمكن أن يولد إلّا من قلب خالٍ من القلق والخوف والحرب“[21].

13. لتكن سنة 2025 سنة ينمو فيها السّلام! السّلام الحقيقيّ والدّائم، الّذي لا يتوقّف عند مراوغات الاتفاقيّات أو على طاولة أنصاف الحلول الإنسانيّة.[22] لنسعَ إلى السّلام الحقيقيّ، الّذي يمنحه الله لقلب تجرَّد من السّلاح: قلب لا يتمسّك بأن يَحسِب ما هو لِي وما هو لَك، وقلب يُذيب الأنانيّة ويكون مستعدّ ليلتقي بالآخرين، وقلب لا يتردَّد في الاعتراف بأنّه مدين لله، ولذلك فهو مستعدّ لأن يعفي القريب من الدّيون الّتي تظلمه، وقلب يتغلّب على اليأس من أجل مستقبل، كلّه رجاء، يؤمن أنّ كلّ إنسان هو غنًى لهذا العالم.

14. قلب مجرَّد من السّلاح، هذا موقف يشمل الجميع، من الأوّلين إلى الأخيرين، ومن الصّغار إلى الكبار، ومن الأغنياء إلى الفقراء. أحيانًا، يكفي شيء بسيط مثل "ابتسامة فقط، أو علامة صداقة، أو نظرة أخويّة، أو إصغاء صادق، أو خدمة مجّانيّة"[23]. بهذه الخطوات الصّغيرة والكبيرة، نقترب من هدف السّلام ونصل إليه بشكل أسرع، كلّما اكتشفنا، على طول مسيرتنا بجانب الإخوة والأخوات الّذين وجدناهم، أنّنا تغيّرنا عمّا كنّا عليه عندما انطلقنا. في الواقع، لا يأتي السّلام فقط مع نهاية الحرب، بل مع بداية عالم جديد، عالم نكتشف فيه أنّنا مختلفون، وأكثر اتّحادًا، وأكثر أخُوَّةً ممّا كنّا نتخيّل.

15. امنحنا سلامك، أيّها الرّبّ يسوع! هذه هي الصّلاة الّتي أرفعها إلى الله، بينما أوجِّه التّهاني بالسّنة الجديدة إلى رؤساء الدّول والحكومات، والمسؤولين عن المنظّمات الدّوليّة، وقادة الدّيانات المختلفة، وكلّ إنسان ذي إرادة صالحة.

أَعْفِنا مِمّا علَينا، أيّها الرّبّ يسوع،

كما أَعْفَينا نَحنُ أَيضًا مَن لنا عَلَيه،

وفي دائرة المغفرة هذه، امنحنا سلامك،

السّلام الّذي يمكنك أنت فقط أن تعطيه

للّذي يجعل قلبه خاليًا من كلّ سلاح،

والّذي بالرّجاء، يريد أن يعفي مِمّا عليه إخوته،

والّذي يعترف من دون خوف بأنّه مدينٌ لك،

والّذي لا يبقى أصمَّ أمام صراخ أشدّ النّاس فقرًا.

من حاضرة الفاتيكان، يوم 8 كانون الأوّل/ديسمبر من عام 2024.

فرنسيس

[01987-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0992-XX.02]

[1] راجع الرَّجاءُ لا يُخَيِّبُ. مرسوم الدّعوة إلى اليوبيل العادي لسنة 2025 (9 أيّار/مايو 2024)، 8.

[2] راجع القدّيس يوحنّا بولس الثّاني، رسالة بابويّة عامّة، إطلالة الألف الثّالث - Tertio millennio adveniente (10 تشرين الثّاني/نوفمبر 1994)، 51.

[3] رسالة بابويّة عامّة، الاهتمام بالشّأن الاجتماعي - Sollicitudo rei socialis (30 كانون الأوّل/ديسمبر 1987)، 36.

[4] راجع كلمة إلى المشاركين في اللقاء برعاية الأكاديميّات البابويّة للعلوم والعلوم الاجتماعيّة، 16 أيّار/مايو 2024.

[5] الإرشاد الرّسوليّ، سبِّحوا الله - Laudate Deum (4 تشرين الأوّل/أكتوبر 2023)، 70.

[6] راجع الرَّجاءُ لا يُخَيِّبُ. مرسوم الدّعوة إلى اليوبيل العادي لسنة 2025 (9 أيّار/مايو 2024)، 16.

[7] عظة عن الطّمع، 7: مجموعة المؤلّفات لآباء الكنيسة اليونانيّة 31، 275.

[8] رسالة بابويّة عامّة، كُنْ مُسَبَّحًا - Laudato si’ (24 أيّار/مايو 2015)، 123.

[9] راجع التّعليم المسيحيّ أثناء المقابلة العامّة، 2 أيلول/سبتمبر 2020: L’Osservatore Romano، 3 أيلول/سبتمبر 2020، 8.

[10] راجع كلمة إلى المشاركين في لقاء ”أزمة الدّيون في جنوب العالم“، 5 حزيران/يونيو 2024.

[11] راجع كلمة في مؤتمر الدّول الأطراف في اتفاقيّة الأمّم المتّحدة الإطاريّة بشأن تغيّر المناخ -COP 28 ، 2 كانون الأوّل/ديسمبر 2023.

[12] راجع كلمة إلى المشاركين في لقاء ”أزمة الدّيون في جنوب العالم“، 5 حزيران/يونيو 2024.

[13] راجع الرَّجاءُ لا يُخَيِّبُ. مرسوم الدّعوة إلى اليوبيل العادي لسنة 2025 (9 أيّار/مايو 2024)، 16.

[14] رسالة بابويّة عامّة، كلُّنا إخوة - Fratelli tutti (3 تشرين الأوّل/أكتوبر 2020)، 35.

[15] راجع الرَّجاءُ لا يُخَيِّبُ. مرسوم الدّعوة إلى اليوبيل العادي لسنة 2025 (9 أيّار/مايو 2024)، 23.

[16] الخطاب العاشر (المجموعة الثّالثة)، الصّلاة الّتي يردّدها المتوحّدون، 100-101: CSCO 638، 115. بل إنّ القدّيس أغسطينس يذهب إلى أبعد من ذلك فيؤكّد أنّ الله لا يتوقّف أبدًا عن أن يصير مدينًا للإنسان: "بما أنّ ”إلى الأبد رحمتك“، فإنّك تتنازل بوعودك لتصير مدينًا للذين تعفيهم مِمَّا علَيهم" (راجع الاعترافات، 5، 9، 17: مجموعة المؤلّفات لآباء الكنيسة اللاتينيّة 32، 714).

[17] راجع رسالة بابويّة عامّة، إطلالة الألف الثّالث - Tertio millennio adveniente (10 تشرين الثّاني/نوفمبر 1994)، 51.

[18] راجع الرَّجاءُ لا يُخَيِّبُ. مرسوم الدّعوة إلى اليوبيل العادي لسنة 2025 (9 أيّار/مايو 2024)، 10.

[19] راجع القدّيس بولس السّادس، رسالة بابويّة عامّة، Populorum progressio (26 آذار/مارس 1967)، 51؛ بندكتس السّادس عشر، كلمة إلى الدّبلوماسيّين المُعتَمدين لدى الكرسيّ الرّسوليّ، 9 كانون الثّاني/يناير 2006؛ المؤلّف نفسه، الإرشاد الرّسوليّ ما بعد السّينودس، Sacramentum caritatis (22 شباط/فبراير 2007)، 90.

[20] راجع رسالة بابويّة عامّة، كلُّنا إخوة - Fratelli tutti (3 تشرين الأوّل/أكتوبر 2020)، 262؛ كلمة إلى الدّبلوماسيّين المُعتَمدين لدى الكرسيّ الرّسوليّ، 8 كانون الثّاني/يناير 2024؛ كلمة في مؤتمر الدّول الأطراف في اتفاقيّة الأمّم المتّحدة الإطاريّة بشأن تغيّر المناخ -COP 28 ، 2 كانون الأوّل/ديسمبر 2023.

[21] راجع رسالة بابويّة عامّة، السّلام على الأرض - Pacem in terris (11 نيسان/أبريل 1963)، 61.

[22] راجع كلمة خلال الصّلاة في الذّكرى السّنويّة العاشرة للصّلاة من أجل السّلام في الأرض المقدّسة، 7 حزيران/ يونيو 2024.

[23] الرَّجاءُ لا يُخَيِّبُ. مرسوم الدّعوة إلى اليوبيل العادي لسنة 2025 (9 أيّار/مايو 2024)، 18.

Messaggio del Santo Padre Francesco per la 58ma Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2025) (2025)

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